L’associazione Valore D propone alle aziende un patto per essere più attrattive nei confronti delle nuove generazioni
Il paradigma del mondo del lavoro, negli ultimi anni, si è letteralmente rovesciato. Oggi, esattamente al contrario rispetto a quanto avveniva in passato, sono i giovani a scegliere le aziende in cui lavorare. E lo fanno sulla base di una scala valoriale del tutto nuova, in cui la parola-chiave è “inclusione”.
Tra le aspirazioni e gli orientamenti di chi cerca un posto, giocano così un ruolo determinante aspetti come un contesto professionale più inclusivo e la capacità di garantire un bilanciamento tra vita privata e vita lavorativa che rispetti il proprio benessere complessivo.
Una transizione alla quale, però, molte aziende non hanno saputo adeguarsi. Dall’indagine “Il lavoro inclusivo per le giovani generazioni”, realizzata da Swg, emerge per esempio che solo il 35% dei giovani è pienamente soddisfatto del proprio lavoro e chi vive esperienze meno inclusive è più incline a cambiare lavoro.
Ed è proprio guardando ai risultati emersi dal sondaggio commissionato all’istituto demoscopico che Valore D, associazione che raggruppa 380 imprese e dal 2009 le affianca per sviluppare ambienti di lavoro capaci di valorizzare tutti i talenti, ha proposto alle aziende il patto “Diamo forma al lavoro del futuro”.
I 9 princìpi dell’inclusione lavorativa
Il punto di partenza del patto, che, in parallelo alla soddisfazione dei giovani lavoratori, mira a rendere le aziende più attrattive nei confronti di chi si affaccia al mercato del lavoro e, di conseguenza, più competitive e innovative, sono dunque proprio i 9 princìpi delineati dall’indagine che ha coinvolto un campione di giovani (neet, studenti in procinto di entrare nel mondo del lavoro e lavoratori all’inizio del loro percorso professionale) tra i 18 e i 35 anni.
Le principali motivazioni che guidano le giovani generazioni nella scelta del lavoro sono dunque apertura al dialogo e al confronto; valorizzazione; partecipazione; disponibilità di luoghi, informazioni, risorse e tecnologie; supporto allo sviluppo delle competenze; equità e trasparenza; sviluppo del benessere individuale e collettivo; rispetto e protezione delle singole identità; appartenenza.
“La sensazione condivisa – commenta la presidente di Valore D, Cristiana Scelza – è che ci sia ancora molto da fare, in particolare in ambito lavorativo, considerato come un terreno accidentato, in cui l’inclusione è messa a repentaglio da ostacoli latenti e culturalmente radicati nel sistema, come il paternalismo, la mancanza di equità e meritocrazia, il conflitto tra generazioni”.
I risultati dell’indagine
Le considerazioni si legano ai risultati emersi dal sondaggio di Swg, secondo cui i giovani lavoratori si sentono all’interno di un meccanismo che non attribuisce loro considerazione, riconoscimento, giusta valutazione delle proprie competenze, oltre a non assicurare loro una cornice concettuale e comportamentale fatta di rispetto, equità, trasparenza e giustizia. Le nuove generazioni, di conseguenza, sono più inclini a cambiare posto di lavoro rispetto a quelle precedenti.
Vi è infatti un 36% che ha dichiarato di aver subìto o assistito in prima persona a pratiche di scarsa inclusione sul lavoro. Una quota tra il 30% e il 40% del campione evidenzia quindi un forte ritardo della propria azienda sui princìpi dell’inclusività lavorativa, a partire dallo sviluppo del benessere (indicato dal 42%), dal rispetto delle identità (40%), dall’accoglienza (40%) e dal supporto alle competenze (40%).
Del resto, quasi la metà dei giovani (contro una quota tra il 13% e il 17% che ne vede al contrario una buona diffusione) considera il mondo del lavoro in ritardo nell’attuazione di princìpi come apertura al dialogo (45%), rispetto delle identità (44%), accoglienza (43%) e sviluppo del benessere individuale e collettivo (42%). E così, conclude l’indagine, quando cerca un nuovo impiego la metà dei giovani, specie della Gen Z, sceglie aziende che mostrano apertura, equità e rispetto e offrono supporti.
L’adesione al patto delle Agenzie per il lavoro
Il patto, presentato in occasione del meeting di Rimini 2024, ha visto tra i primi sostenitori le Agenzie per il lavoro associate a Valore D, che vi hanno trovato un ulteriore strumento per lo sviluppo della cultura del lavoro inclusivo nelle organizzazioni. “I 9 punti individuati da questo progetto – commenta per esempio Maria Raffaella Caprioglio, presidente di Umana – possono costruire il manifesto su cui stabilire nuove priorità e nuovi paradigmi”.
Umana, che ha già autonomamente intrapreso questa strada, per esempio con il Codice etico e il Bilancio di sostenibilità, ha dunque deciso con convinzione di partecipare al progetto di Valore D mirato alla trasformazione verso una nuova cultura del lavoro. “Oggi – conclude Caproglio- un’azienda per attrarre talenti deve sapersi muovere in questo nuovo contesto. Welfare, crescita e formazione devono essere parte integrante dell’offerta, ma soprattutto è necessario che ogni azienda sappia raccontare i propri valori”.
Alberto Minazzi