Una vita divisa tra giornalismo, narrazione, poesia, musica e teatro passando dalle colonne di Repubblica alla Compagnia de Calza I Antichi. Presente e futuro del territorio visti con gli occhi di Roberto Bianchin
Se dovesse firmare documenti e articoli sul giornale scrivendo per esteso il nome con il quale è riconosciuto come priore dalla Compagnia de Calza I Antichi non gli basterebbe una riga intera. In realtà Roberto Gabriele Maria Bianchin dei Moro Baldironi de Scheroditz, Prinicipi di Cavour, è al secolo semplicemente Roberto Bianchin. Sessantatre anni, giornalista, narratore (scrittore dice che è troppo impegnativo), musicista e poeta, veneziano doc del Lido di Venezia, uno che il Nordest e non solo, l’ha raccontato per decenni, fin dal primo numero in edicola di Repubblica, il 14 gennaio del 1976. Ora che non vive più di redazioni, viaggi come inviato e autore di reportage, si dedica alle sue passioni che però diventano anche lavoro: il teatro, la scrittura di romanzi e la lettura.
Bianchin, ma la divertiva di più scrivere per un quotidiano o dedicarsi ai suoi libri? «Per me è arrivato il momento di divertirsi scrivendo. Quelli usciti fino ad oggi non ho l’ambizione di definirli libri di uno scrittore, sono narrazioni. Adesso, però, che ho smesso un po’ i panni del giornalista, vesto volentieri quelli dello scrittore. Sto completando alcuni romanzi, trame divertenti, che divertono me prima di tutto e spero anche chi, poi, lo vorrà leggere».
Molti leggendo quel nome lunghissimo si chiederanno perché di tale prosopopea. Ce la spiega? «È il nome in cui sono riconosciuto dalla compagna de Calza I Antichi ma non c’è nulla di inventato: sono tutti nomi appartenuti a parenti di prima e seconda generazione. Baldironi, per esempio era il nome della mia nonna».
Parliamo di Venezia. E individuiamo una data: il 2020? Come le immagina fra 8 anni? «Vorrei tanto essere ottimista ma non ci riesco. Venezia ha un destino segnato, votato al turismo e che non può essere invertito ormai. Questo, ovviamente, a scapito di chi ci abita. I residenti saranno sempre di meno e sempre più stufi di essere considerati degli “indios” da riserva. Il turismo ha subìto un’impennata esponenziale negli ultimi anni difficile da fermare. Tutti vogliono vedere Venezia e tutti vengono a Venezia. Il dato economico travolgerà i veneziani e la città diventerà unicamente un contenitore da vendere ma non più una città da vivere. A meno che…»
Dalle colonne di Repubblica ci ha abituato a descrivere e raccontare il Nordest degli ultimi 30 anni e tutte le sue facce. Dalle più belle e fortunate a quelle meno felici, come nell’ultimo periodo. Cosa manca a questo territorio per tornare quello del famoso “modello” tanto invidiato? «Non è una questione di coraggio e di uomini o capacità. Gli imprenditori ci sono e come successe nel dopoguerra quando i calzaturieri andarono a vendere le loro scarpe ai mercati di Monaco di Baviera credo che il coraggio non manchi alla nostra gente. Ciò di cui ci sarebbe bisogno ma che è assente è la rappresentanza politica: non vedo Rumor e Bisaglia in giro, nemmeno De Michelis e Bernini. Al di là dell’appartenenza politica questi erano veri politici che rappresentavano il Veneto a Roma e lo valorizzavano, gli davano ruolo e importanza. Ora invece c’è il vuoto, malgrado ci fossero 4 Ministri veneti nel governo prima di Monti. Speriamo e confidiamo nella nuova generazione ma all’orizzonte non vedo ancora quella figura carismatica che serve e che conta nel palazzo».
I giovani, appunto, un altro tema a lei caro per Venezia. «Il fermento non manca. Seguo con interesse i movimenti spontanei collegati al web e che riuniscono facce nuove che cercano di fare qualcosa di buono per la città. Purtroppo, però, qui manca il coraggio di chi sta a capo della stanza dei bottoni della città e non offre chances a qualche giovane leva, sia a livello dirigenziale che di gestione e non rischia di affidarsi a facce nuove, giovani e non capisce che così li fa scappare. Una possibilità che noi, della Compagna de Calza I Antichi daremo il prossimo 21 Novembre quando verrà nominato come Priore al mio posto uno dei giovani dell’associazione che ha circa 30 anni. A lui lo scettro e tutte le responsabilità delle attività. Mi sembra un bel segnale di rinnovamento».
E poi, c’è anche una novità artistica oltre che letteraria… «Si sto lavorando per riaprire a Milano un piccolo teatro dell’800 a Milano, il San Gerolamo e vorrei dedicarlo al teatro dell’insolito, in grado di offrire spettacoli di varietà ,cabaret e musica. È chiuso da 30 anni, prima era il teatro delle marionette, del rotocalco, spero di vincere questa scommessa. E, chissà, magari un giorno di poterla ripetere anche a Venezia».
DI RAFFAELE ROSA
Arte e Cultura +
LA PENNA E LA VOCE
8 Settembre 2012