Il XII rapporto nazionale sul settore in Italia e lo studio sul mercato globale della nautica confermano che le attività legate alla “risorsa blu” stanno assumendo un peso sempre maggiore
L’Italia ha 7.914 km di coste. Più, per esempio, di grandissimi Stati come Brasile e India. Un dato che ci posiziona al 4° posto in Europa dopo Norvegia, Grecia e Regno Unito e al 14° al mondo nella graduatoria guidata dal Canada. Non sorprende, dunque, che da sempre il nostro Paese guardi al mare come a una delle ricchezze primarie del suo territorio, anche dal punto di vista economico.
E la cosiddetta “economia del mare” italiana guarda con fiducia anche al futuro, continuando a far segnare dati in crescita, sotto ogni aspetto. Lo sottolinea il XII rapporto nazionale curato e appena presentato da Osservatorio Nazionale sull’Economia del Mare Ossermare, Centro Studi Tagliacarne-Unioncamere, Informare, Camera di commercio di Frosinone e Latina e Blue Forum Italia Network.
Anche i dati relativi a settori specifici presentano risultati che, insieme alla soddisfazione per gli operatori, offrono interessanti prospettive di ulteriori sviluppi. Per esempio, lo studio “The state of the art of the global yachting market” di Confindustria Nautica e Deloitte, relativo alla cantieristica, segnala la continuazione del trend di espansione, sia a livello mondiale che italiano.
Quanto vale l’economia del mare in Italia
Il XII rapporto nazionale sull’economia del mare sottolinea che, con 227.975 imprese (dato stabile) e 1.040.172 occupati, il settore genera in Italia un valore aggiunto diretto pari a 64,6 miliardi di euro, con una crescita del +15,1% contro una media dell’economia italiana del +6,9%. Aggiungendo l’indotto indiretto attivato nel resto dell’economia (aumento di quasi l’1% rispetto al 2023), si sale quindi a complessivi 178,3 miliardi di euro, pari al 10,2% del Pil nazionale.
In significativa crescita sono anche gli addetti (l’aumento occupazionale è stato del +6,6% rispetto al +1,7% totale italiano) e, del +0,1%, il “moltiplicatore”: ogni euro speso nei settori della filiera ne attiva altri 1,8 nel resto dell’economia (a Nord-Est si sale a 2 euro). La regione in cui il valore aggiunto dell’economia del mare incide maggiormente sull’economia territoriale è la Liguria (11,9%) e la provincia è quella di Trieste (18,9%).
Il primato di area a maggior produzione di valore aggiunto resta al Sud, con quasi 21 miliardi di euro di produzione diretta, pari a circa un terzo dell’intero “prodotto blu” nazionale. Il Meridione spicca anche per l’occupazione nel settore, concentrata per oltre il 37% nelle regioni di Mezzogiorno, e per il numero di imprese, che superano le 111 mila unità: quasi la metà (più del 48%) dell’intera base imprenditoriale blu del Paese.
La “blue economy” italiana oggi
I punti di forza della “blue economy” italiana, evidenzia il rapporto, sono estremamente variegati. Si va dalle filiere dell’ittica e della cantieristica ai servizi di alloggio e ristorazione, dalle attività sportive e ricreative all’industria delle estrazioni marine, dalla movimentazione di merci e passeggeri agli aspetti ambientali legati alla ricerca, alla regolamentazione e alla tutela.
Quanto al tessuto imprenditoriale, le imprese giovanili sono pari al 9%, le femminili al 22,4% e le straniere al 7,4%. “La blue economy – commenta il presidente di Unioncamere, Andrea Prete – è uno dei settori trainanti della nostra economia con una forte connotazione imprenditoriale. La base d’impresa è aumentata nell’ultimo biennio dell’1,5% contro una contrazione di quasi due punti di quella complessiva, con una maggiore presenza di imprenditorialità giovanile e femminile”.
“La blue economy – fa notare il direttore generale del Centro studi Tagliacarne, Gaetano Fausto Esposito – si caratterizza per essere “controcorrente” non solo perché ottiene risultati in termini di sviluppo e di occupazione superiori rispetto a quelli dell’economia complessiva, ma anche perché la crescita del valore aggiunto e degli occupati nel Mezzogiorno è stata di oltre 2 punti superiore a quella media italiana, grazie in particolare alle ottime performances del turismo”.
Il mercato globale della nautica
A continuare a crescere, evidenzia Confindustria nel secondo rapporto realizzato con Deloitte, è anche il mercato globale della nautica, che nel 2022, ultimo anno su cui sono disponibili dati, è cresciuto del +11% nel comparto delle nuove costruzioni (per il 90% imbarcazioni a motore), toccando 33 miliardi di euro e proseguendo il trend di espansione costante iniziato nel 2014. Del totale, 25,3 miliardi (+21%) sono relativi ai cosiddetti “superyacht”, che vedono l’Italia come leader mondiale indiscusso.
Il nostro Paese ne detiene infatti una quota di mercato del 54% in termini di volume e del 31% quanto al valore del portafoglio ordini, con il 70% del totale dei cantieri che risultano attivi nella produzione di questo segmento di imbarcazioni. La cantieristica nautica italiana, così, può contare su un giro d’affari da 4,4 miliardi di euro, con una crescita del +20% su base annua e il 90% della produzione destinata a mercati internazionali.
“Il settore della nautica da diporto – ha anticipato il direttore dell’Ufficio studi di Confindustria Nautica, Stefano Pagani Isnardi, in occasione della presentazione del rapporto – resta solido nel 2023, proseguendo il trend di crescita: il fatturato del comparto industriale, cantieristica e produzione di accessori e motori marini, dovrebbe superare il valore record di addirittura 8 miliardi di euro”. L’incremento medio del valore della produzione è stimato tra il +5% e il +15%, ma i dati consuntivi 2023 saranno presentati solo a settembre.
Alberto Minazzi