Nel nostro Paese i salari al netto dell’inflazione segnano -6,9% rispetto al 2019
La buona notizia è che l’occupazione nei Paesi dell’area Ocse è quest’anno ai massimi storici.
Uno slancio che però mostra dei rallentamenti da non sottovalutare, perché la forte inflazione influisce ancora molto sugli stipendi dei lavoratori.
Il rovescio della medaglia dunque è che i dati dell’Employment Outlook 2024 confermano il primato negativo dell’Italia per i salari reali, collocandoci come peggior Stato nell’area euro e terzultimi tra i 38 paesi dell’Ocse.
Peggio di noi, solo la Repubblica Ceca e la Svezia.
Il dato italiano, -6,9% rispetto al 2019, è ancora di maggior impatto se lo si confronta con quello registrato nel 2024 in altre grandi economie europee come la Francia che ha un +1% sul 2019 e la Germania -2%.
Disoccupazione ai minimi ma troppo bassi gli stipendi
La lentezza con la quale i salari dei lavoratori italiani stanno aumentando allerta l’Ocse, l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico.
Il dato molto basso degli stipendi reali italiani non è comunque un caso isolato.
Pur tendendo conto dei recuperi negli ultimi trimestri, infatti l’Organizzazione riferisce che i salari reali hanno recuperato i livelli pre 2020 solo in 19 dei 35 paesi Ocse.
In particolare, la mancata crescita dei salari reali, dipende molto dall’inflazione che non scende alla velocità desiderata.
Anzi, quest’anno su base annua è leggermente aumentata nel mese di maggio in 18 dei 38 i Paesi Ocse passando dal 5,7% del mese precedente al 5,9%.
In questo quadro preoccupa anche l’evoluzione negativa del potere d’acquisto di chi ha un lavoro, che va di pari passo con l’aumento della povertà assoluta tra i lavoratori dipendenti registrato dall’Istat.
Il titolo di laurea fa aumentare i salari?
Oggi, neanche avere il titolo di laurea serve perché la busta paga sia più ricca.
E’ quanto sostiene il 74% degli intervistati di Veneto, Friuli Venezia Giulia e provincia di Trento nell’ L’University Report 2023 dell’Osservatorio JobPricing che fornisce un quadro sul valore del titolo di studio nel mercato del lavoro.
Eppure, secondo i dati, sembrerebbe invece che il titolo abbia il suo peso in termini di stipendio.
La retribuzione annua lorda tra gli under 34 non laureati si attesta poco sotto i 25 mila euro mentre quella tra chi ha il titolo arriva a oltre 31 mila, vale a dire 6 mila euro in più l’anno.
Una forbice che maggiormente si allargherebbe con l’età, arrivando a + 11 mila tra 35 e 44 anni; 18 mila tra 45 e 54 fino a oltre 25 mila per chi ha più di 55 anni.
Le famiglie rinunciano all’acquisto della casa
Stipendi troppo bassi e tutto sempre più caro portano anche alla rinuncia della casa, in molti casi non per scelta ma perché economicamente irrealizzabile. Secondo l’Osservatorio sul Mercato Immobiliare 2024 di Nomisma, che ha analizzato la congiuntura del comparto e le performance immobiliari dei 13 principali mercati italiani che sono Bari, Bologna, Cagliari, Catania, Firenze, Genova, Milano, Napoli, Padova, Palermo, Roma, Torino e Venezia, negli ultimi 18 mesi il mercato immobiliare italiano ha evidenziato una flessione della domanda di acquisto di poco inferiore all’8%. Nel complesso è stato stimato in 300 mila il numero di famiglie che nonostante fossero intenzionate a comprare casa con un mutuo, non siano riuscite a concretizzare il proposito sia per la drastica riduzione del potere d’acquisto, sia per una contrazione del plafond destinato ai mutui. L’elevato costo del denaro inoltre ha fatto sì che la copertura finanziaria delle compravendite sostenute da un mutuo si sia ridotta dal 51,9% del primo trimestre 2022 al 38,6% dello stesso periodo nel 2024.