Lo spettografo sarà montato su ELT (Extremely Large Telescope), il più grande telescopio mai realizzato
Quanto è possibile risalire indietro nello spazio tempo fino a cogliere le forme delle stelle primordiali?
La risposta arriverà grazie ad ANDES, uno strumento di altissima tecnologia che sarà installato sull’ Estremely Large Telescope (ELT) per cercare segni di vita negli esopianeti e studiare le prime stelle che si sono accese nell’universo, oltre che per testare le variazioni delle costanti fondamentali della fisica e misurare l’accelerazione dell’espansione dell’universo.
Un mese fa lo European Southern Observatory ha firmato l’accordo con un consorzio internazionale guidato dall’Inaf (Istituto Nazionale di Astrofisica) per la sua progettazione e costruzione.
Abbiamo intervistato Adriano Fontana, dirigente di Ricerca dell’INAF–Osservatorio Astronomico di Roma, presidente della LBT Corporation di Tucson (Arizona, USA) e responsabile della Divisione Ottico-IT dell’INAF, fino al 2020 docente all’Università di Roma “La Sapienza”. La sua attività di ricerca scientifica riguarda i processi di formazione ed evoluzione delle galassie, soprattutto nei primi anni di vita dell’Universo.
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Professore, le premesse sembrano molto interessanti. Cosa si permetterà di conoscere ANDES e dove sarà montato?
ANDES, telescopio dal diametro di 39 metri, sarà montato ad Atacama, in Cile, su ELT e ci porterà agli albori dell’universo: non riusciremo a vedere le singole stelle di prima generazione (che si ipotizza composte soltanto di idrogeno ed elio e dalla durata piuttosto breve), ma studieremo i primi elementi pesanti prodotti dalle loro esplosioni, che ci diranno molto su come erano fatte queste stelle.
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Qual è il valore aggiunto di un telescopio di questo tipo? Perché si costruiscono telescopi sempre più grandi, non bastava il Very Large Telescope (VLT) ad Atacama, in Cile?
Costruire telescopi sempre più grandi ha due vantaggi. Uno specchio più grande aumenta la sensibilità, cioè consente di studiare oggetti sempre più deboli, e la nitidezza, cioè la capacità di distinguere tra loro oggetti vicini o di studiare meglio i dettagli. Nel passaggio dal VLT, che è uno dei telescopi più grandi della attuale generazione, al Extremely Large Telescope (ELT), il telescopio su cui sarà montato ANDES, il vantaggio sarà immenso, perché’ passiamo da un diametro di 8m a uno di ben 39. Questo passaggio è fondamentale, per esempio, per lo studio dei pianeti che orbitano intorno alle altre stelle, che sono oggetti molto vicini alle loro stelle e molto deboli: per osservarli e studiarli meglio ci serve più sensibilità e nitidezza di quelle che ci danno i telescopi esistenti.
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Qual è il valore di un telescopio terrestre come ELT rispetto a un telescopio spaziale come Euclid? Sono complementari ed eventualmente perché?
Sono complementari perché i telescopi da terra possono essere costruiti con un diametro molto maggiore, sia per ragioni di costo che per possibilità di lancio. Per esempio, Euclid ha uno specchio di 1,6m di diametro, mentre ELT ne ha appunto 39. Quelli spaziali compensano con una stabilità delle immagini superiore dovuta al fatto che non c’è l’atmosfera a disturbare e sono termicamente più stabili.
Gli astronomi usano le caratteristiche migliori dei due sistemi e li usano per scopi diversi. ELT osserva uno o pochi oggetti alla volta con grande sensibilità, mentre Euclid osserva grandi zone di cielo, quindi milioni di stelle e galassie, in ogni immagine. Tra le altre cose, Euclid troverà gli oggetti rari e particolari che studieremo con ELT.
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Cos’erano le stelle primordiali, che gli astronomi chiamano “Popolazione III”? Che ipotesi ci sono sulla loro natura?
Le stelle primordiali sono le prime che si sono formate dalla materia emersa dal Big Bang nelle prime fasi della vita dell’Universo. Avevano caratteristiche diverse da quelle odierne, perché erano fatte solo di idrogeno ed elio, senza tutti gli altri elementi chimici di cui è composto ad esempio il nostro Sole. Sappiamo che sono esistite, ma non siamo mai riusciti ad osservarne nessuna, per cui abbiamo solo delle teorie che cercano di prevedere come fossero fatte. Noi pensiamo che queste stelle fossero molto più grandi e luminose del Sole e abbiano avuto una vita molto breve, prima di esplodere in supernovae creando i primi elementi chimici.
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Perché non siamo mai riusciti a vedere queste stelle primordiali?
Perché dovremmo osservare molto indietro nel tempo, a circa 13,5 miliardi di anni da oggi. Quindi dovremmo osservarle in oggetti lontani appunto 13,5 miliardi di anni luce. A questa distanza anche le stelle molto brillanti sono estremamente deboli e fuori dalla portata dei nostri strumenti attuali. Con ELT-ANDES non riusciremo a vedere le singole stelle, ma studieremo i primi elementi pesanti prodotti dalle loro esplosioni, che ci diranno molto su come erano fatte queste stelle.
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Nel frattempo stiamo vedendo le galassie primordiali, che sembrano già formate soltanto qualche centinaia di migliaia di anni dopo il Big Bang: la loro presenza mette a rischio la teoria del Big bang ritenuta finora la più probabile riguardo la nascita del nostro universo?
Grazie al telescopio spaziale Webb, stiamo osservando le galassie che si sono formate dopo il Big Bang. Speravamo di trovarci dentro un po’ di stelle di popolazione III, ma non ne abbiamo trovate. Anzi abbiamo visto che queste galassie sono più grandi, luminose e contengono più elementi pesanti di quello che ci aspettavamo: insomma, sono un po’ più evolute di quello che le nostre teorie prevedevano. Queste scoperte non mettono in crisi il modello del Big Bang, anzi in un certo senso lo confermano, ma dimostrano che la formazione delle prime galassie è avvenuta molto rapidamente dopo il Big Bang. Con ELT speriamo di raccogliere altri elementi per chiarire questo quadro ancora incompleto su come è nato il nostro universo.
Nicoletta Benatelli