Un’analisi del Wall Street Journal degli studi più recenti sul tema rivede le conclusioni sulla soglia di reddito fissata nel 2010
Da Aristotele, il primo pensatore di cui si hanno prove di aver espresso la riflessione che “la ricchezza ha valore solo in quanto utile”, ma anche da Jean-Jacques Rousseau, al quale viene attribuita la celebre frase “i soldi non danno la felicità”, di tempo ne è passato parecchio. E, con l’evoluzione della società, è mutata anche l’idea del rapporto che può sussistere tra la ricchezza e la felicità.
Il concetto del filosofo francese, spesso, viene rimodulato, in chiave anche ironica, aggiungendo due semplici parole, che ne cambiano completamente il senso. “I soldi non danno la felicità. Ma aiutano”. Un’idea che non manca di un fondo di verità. Al punto che, nel 2010, lo psicologo israeliano premio Nobel per l’Economia Daniel Kahneman, con l’economista Angus Deaton, si spinse addirittura a fissare, in 75 mila dollari, la somma annua che garantisce l’equilibrio tra sicurezza, felicità e ambizioni.
I soldi e la felicità: una proporzione decrescente?
In 14 anni, l’inflazione ha aggiornato la cifra a 110 mila dollari, pari a 100 mila euro. E, in parallelo, anche i risultati di quello studio sono stati messi in discussione da ulteriori ricerche, analizzate ora dal Wall Street Journal.
C’è dunque chi, come hanno fatto gli studiosi dell’Università della Pennsylvania con un lavoro del 2020, ritiene che, pur senza ridurre la ricerca della felicità alla ricerca dei soldi, questi possono continuare a incidere in positivo sul benessere mentale anche oltre la soglia fissata.
L’analisi dei ricercatori americani si basa sull’osservazione dell’aumento della felicità nei vincitori di una lotteria in Svezia, proseguito anche 10 anni dopo la vincita. C’è però anche chi, confermando i risultati del 2010, sottolinea che, superato un livello di retribuzione, l’aumento della felicità all’aumentare del reddito diventa minimo.
La conclusione del Wall Street Journal è dunque quella che il denaro compra la felicità, ma con rendimenti decrescenti. Una stabilizzazione dell’impatto confermata anche da un più recente studio congiunto delle Università della Pennsylvania e di Princeton.
Il rapporto tra denaro e felicità, tra storia e teorie
Proprio questo studio ha ipotizzato anche che, da questo punto di vista, esistano due categorie.
La prima sarebbe la maggioranza felice, per cui la felicità continua ad aumentare, almeno fino al raggiungimento di una soglia, con l’aumentare dei soldi a disposizione.
La seconda, al contrario, sarebbe composta da una minoranza infelice. Più che la felicità, hanno spiegato i ricercatori, i dati emersi dallo studio del 2010 avrebbero effettivamente misurato la curva dell’infelicità.Sul tema, oltre le già citate radici di una domanda a cui oggettivamente è difficile dare una risposta, va sicuramente ricordato il cosiddetto “paradosso della felicità” dell’economista Richard Easterlin, risalente agli anni ’70 dello scorso secolo.
Una teoria che spiega proprio come, a fronte di una variazione in aumento del reddito e della ricchezza, non aumenti anche la felicità di chi li percepisce. “I soldi non danno la felicità”, si potrebbe insomma ancora una volta sintetizzare.
Il denaro per giovani e italiani
A livello sociologico, ancora, va sottolineata l’evoluzione nelle nuove generazioni riguardo al posto del denaro nella scala di valori da valutare nelle scelte lavorative.
Rispetto ai “boomer”, in sostanza abituati a “vivere per lavorare”, la Gen Z ha ribaltato la prospettiva, partendo dal concetto di “lavorare per vivere”.
Così, quando devono decidere se accettare un posto di lavoro, i giovani non guardano più solo a mansioni e salario, ma anche al bilanciamento tra vita lavorativa e vita privata, oltre che al modo in cui il loro lavoro può contribuire al benessere tanto personale che sociale.
E, del resto, se fosse effettivamente quella dei 100 mila euro l’anno la soglia di reddito, in Italia ci sarebbero ben poche persone felici.
Secondo i dati pubblicati il mese scorso dal Dipartimento delle Finanze relativamente alle dichiarazioni dei redditi dell’anno di imposta 2022, pur crescendo i valori medi di tutte le tipologie di reddito (dal +19,6% del reddito di impresa in contabilità ordinaria al +3,6% del reddito da lavoro dipendente), i circa 42 milioni di italiani che hanno presentato la dichiarazione hanno in media percepito 23.650 euro nel corso dell’anno.
Secondo il World Happiness Report, che ogni anno stila una classifica dei Paesi più felici al mondo, nel 2024 l’Italia scende al 41° posto al mondo.
Alberto Minazzi