Uno studio cinese pubblicato su The Lancet conferma le alte concentrazioni di queste sostanze nei trombi
Le ricerche sono ancora agli inizi e, come ammettono per primi gli stessi ricercatori, dovranno essere approfondite.
Ma l’ipotesi che le microplastiche possano essere una delle cause alla base anche di problemi cardiocircolatori come infarto e ictus trova sempre più sostegno nei risultati degli studi scientifici.
Di recente, il New England Journal of Medicine aveva pubblicato quello svolto dai ricercatori dell’Università della Campania “Luigi Vanvitelli”, da cui era emerso che, nei pazienti in cui le placche aterosclerotiche contengono microplastiche, raddoppia il rischio di infarti, ictus e mortalità.
Adesso, uno studio cinese pubblicato su The Lancet ha approfondito il tema dell’identificazione e della quantificazione delle concentrazioni, dei tipi e delle proprietà fisiche delle microplastiche nei trombi umani recuperati chirurgicamente da 3 diversi siti dell’organismo.
Microplastiche e malattie trombotiche
I 3 siti “anatomicamente distinti”, appartenenti sia al sistema arterioso che a quello venoso, da cui provenivano i trombi sono le arterie cerebrali nel cervello, le arterie coronarie nel cuore e le vene profonde negli arti inferiori.
I campioni sono stati raccolti da un campione di pazienti sottoposti a procedure di trombectomia a causa di ictus ischemico, infarto miocardico o trombosi venosa profonda presso il primo ospedale affiliato del Sumc, a Shantou, in Cina.
Il campione di riferimento è limitato (30 pazienti, età media 65,2 anni), il che ha spinto i ricercatori ad affermare che “è urgentemente necessaria una ricerca futura con un campione più ampio per identificare le fonti di esposizione e convalidare le tendenze osservate nello studio”.
Ciò nonostante, gli studiosi sono comunque giunti alla conclusione che siano emerse “prove sia qualitative che quantitative della presenza di microplastiche nelle malattie trombotiche”.
Il dato più preoccupante è però che le analisi effettuate hanno suggerito ai ricercatori cinesi che “concentrazioni più elevate di microplastiche possono essere associate a un aumento della gravità della malattia”.
Il livello di D-dimero, cioè del prodotto di degradazione della fibrina, proteina responsabile della formazione di trombi nel sangue, è risultato infatti “significativa mente più alto” nel gruppo di pazienti in cui sono state rilevate microplastiche nei trombi.
Le microplastiche nei trombi
Dei 30 pazienti arruolati, 16 avevano avuto un ictus ischemico, 5 un infarto miocardico e i restanti 9 una trombosi venosa profonda.
Nei trombi di tutti questi ultimi sono stati rilevate microplastiche, scendendo all’81,3% nel caso di ictus e al 40% tra gli infartuati, con un tasso di rilevamento complessivo pari all’80%. Va detto anche che “non è stata riscontrata alcuna associazione significativa tra la concentrazione di microplastiche e la dimensione dei trombi”.
Le concentrazioni mediane di microplastiche più elevate hanno riguardato i casi di infarto (141,80 μg/g), scendendo rispettivamente a 61,75 e 69,62 μg/g per ictus e trombosi venose profonde. Nel dettaglio, sono stati rilevati 3 dei 10 polimeri microplastici-target: poliammide 66 (l’unico presente ne i casi di trombosi venosa), cloruro di polivinile (pvc), nel 37,5% dei casi di ictus e nel 20% di infarto, e polietilene (25% del totale ictus e 20% infarto).
Il polietilene è risultato dominante tra i 15 tipi di microplastiche identificate, rappresentando il 53,6% del totale, con un diametro medio di 35,6 μm. Quanto alla localizzazione dei trombi contenenti microplastiche, nel gruppo ictus il 76,1% erano all’interno della circolazione anteriore; nel gruppo infarto un trombo era nell’arteria coronaria destra e uno nella sinistra; nel gruppo trombosi, il 77,8% era localizzato nella vena ileo-femorale.
Alberto Minazzi