Olivetti. Storie da collezione, è stato presentato a Venezia. Le “icone del futuro” in cinquecento immagini e descrizioni che racchiudono l’Utopia Olivetti
M1, Lettera 44, Lettera 22, Lexikon80, M20, Divisumma, il portatile M10 e il grande M24.
E poi ancora Lettera35, ET 111, Valentine.
Il Compasso d’oro (più volte), il Moma di New York, il Negozio Olivetti di piazza San Marco a Venezia, quello di Parigi o quello sulla 5th Avenue a New York; Palazzo Uffici di Ivrea, la fabbrica di Scarmagno, la funzionalità degli arredi di Olivetti Synthesis.
Un universo che è storia e innovazione. Che è utopia, con la U maiuscola come è stata definita.
L’Utopia Olivetti, che non è solo quella di Adriano Olivetti. È utopia vera per poi diventare realtà vera, perché questo marchio, quest’idea, questa creazione tutta italiana ha saputo anticipare i tempi, l’evoluzione tecnologica.
Anzi essa stessa ha rappresentato l‘evoluzione anche in senso immateriale. Anche nel design, nella accessibilità, nei linguaggi, nella comunione con il fruitore sia che fosse un professionista sia che ne fosse un saltuario utilizzatore. Nella comunicazione.
In un libro, progetti, disegni, manifesti, opuscoli, carte intestate, libri, manuali. La storia dell’Olivetti
La storia dell’Olivetti comincia da lontano, molto lontano, agli inizi del XX secolo, e oggi arriva fino a noi in un formato sintetico, altamente significativo e ricco rappresentato da un libro speciale, Olivetti. Storie da collezione, che meriterebbe un posto accanto a quelle “icone del futuro” che dagli anni Cinquanta sono esposte permanentemente a New York o Milano.
Per non dire dell’Archivio Storico Olivetti di Ivrea, questa città dell’alto Piemonte bagnata dalla Dora Baltea diventata un simbolo e una fucina, un laboratorio sperimentale, ancora una volta di idee, avventure imprenditoriali, lungimiranza, sofisticata e innovativa ingegneria e stile.
E dal 2018 patrimonio Unesco come esempio di città industriale del XX secolo.
Una tecnologia “a misura d’uomo”
Sfogliando il libro Olivetti Storie da una collezione, curato da Sergio Polano e Alessandro Santero per Ronzani Editore di Vicenza, si comprende il perché di questo mito industriale tutto italiano.
Non sono molti i marchi mondiali che possono condividere questo senso di appartenenza.
Olivetti Storie da una collezione ne rafforza i motivi identitari e lo mostra anche a chi lo ha solo sfiorato, magari perché si è trovato a dover scrivere qualche foglio a macchina, oppure in ufficio o in negozio aveva una calcolatrice con la sua leva che faceva tanto slot machine (come la Summa15 del 1949).
In tutti i casi Olivetti per molti e non solo in Italia ha fatto parte del quotidiano, ha fatto parte di una vita o di una stagione professionale.
I volti cambiano, le generazioni si susseguono, ma questi simboli si affermano storicamente e restano.
Olivetti ha questa forza, così come l’energia capace di permettergli di continuare ad attraversare le epoche. Che oggi sono sempre più veloci e con ritmi che pongono profondi interrogativi all’uomo. Sono orizzonti che Adriano Olivetti aveva avuto l’audacia di affrontare, investendo proprio sul valore che considerava primario, la persona umana, per costruirgli attorno un mondo di tecnologia “a misura d’uomo” e di comunità, per servirlo, per facilitare la sua esistenza e le sue attività.
L’Utopia Olivetti
Per questo, come ci ricorda il prezioso volume presentato a Venezia nel negozio Olivetti (oggi in concessione al Fondo Ambiente Italiano, Fai) progettato da Carlo Scarpa, non sono solo “macchine” ma anche attrezzature, componenti d’arredo, edifici, case. Stile. Appunto, l’Utopia Olivetti.
Un’utopia fattasi concreta, così indugiando sulle oltre 500 fotografie del libro, si capisce come questo percorso abbia saputo con intelligenza innervare lo sviluppo di un’Italia passata da un tormentato dopoguerra a un boom irripetibile. E in seguito a una competizione dove, progressivamente, tecnica, meccanica, elettronica, e oggi (anche se ormai quell’Olivetti non esiste più) intelligenza artificiale hanno modificato le vite degli impiegati, delle dattilografe, dei contabili, dei commercianti: le nostre vite.
Con Olivetti è iniziato un viaggio oltre le nuove frontiere dell’innovazione.
Andare oggi a Ivrea per cercare l’Olivetti è come riavvolgere il nastro di questo percorso tecnologico, di stile e di etica avviatosi nel 1911 con le leggendarie M1 della Ico (ovvero Ingegnere Camillo Olivetti, il capostipite). Ma questo nome, questo marchio, il logo mutato nel tempo, tra cui l’affascinante “spirale greca” disegnata nel 1952 da Marcello Nizzoli, restano a testimonianza, alimentata dall’impegno dell’Archivio Storico, di un’Utopia che ha saputo rivelarsi, svilupparsi e progredire con la società italiana.
Agostino Buda