La curatrice Giovanna Zabotti: “Entrare nel Padiglione significherà penetrare nelle radici della propria natura”
E’ “Sestante Domestico” il nome del progetto, curato da Giovanna Zabotti con il commissario Maurizio Carlin, ospitato al Padiglione Venezia che si potrà visitare ai Giardini della Biennale in occasione della prossima Esposizione Internazionale d’Arte che aprirà al pubblico il prossimo 20 aprile.
“Il titolo dell’allestimento di quest’anno è molto veneziano – sottolinea Giovanna Zabotti – perché c’è uno strumento del mare, il sestante, affiancato dal termine domestico che dà l’idea di qualcosa rivolto all’interno di casa, di noi stessi. Abbiamo voluto dare una diversa angolazione rispetto al tema della Mostra d’Arte “Stranieri Ovunque” pensando che siamo tutti stranieri finchè non ci sentiamo a casa e andando quindi a indagare su quale sia la dimensione di casa. L’idea è quella che glia artisti ci possano aiutare a vedere una dimensione diversa da quella geografica, politica, sociale”.
Partendo da queste considerazioni come ha spiegato la curatrice, la visita al Padiglione Venezia sarà un viaggio nelle radici della propria natura per cercare una consapevolezza anche in ciò che non può rappresentare casa perché lontano ed estraneo.
La ricerca attraverso la storia e il nostro io
Il Padiglione diventa così un “Sestante Domestico” ovvero uno strumento di ricerca attraverso la storia e il nostro io, la natura e l’amore in un alternarsi di poesia e pittura. Il percorso si apre con i versi di poesie di Franco Arminio su una grande tela fatta a Burano dalle ricamatrici di Martina Vidal.
“La poesia intesa – nelle parole di Arminio – come preghiera per ritrovarci assieme nella casa del mondo, un mondo brutalizzato dall’assenza del divino, del mito, del simbolico. Bisogna ripartire dal soffio visivo, dallo sguardo più che dalla produzione. Più che continuare a trasformare il mondo, bisogna riprendere a pensarlo, a interrogarci sul senso del nostro stare qui. La poesia deve uscire dai suoi luoghi canonici ed essere letteralmente vista, per strada, negli edifici pubblici, nei locali dove si radunano le persone”.
Si prosegue con le opere di Pietro Ruffo, artista vincitore nel 2009 del Premio Cairo: due grandi globi e un’imponente libreria, realizzata dalla falegnameria della Fondazione Teatro La Fenice, a ricreare in chiave contemporanea l’atmosfera dei luoghi del sapere. “L’immagine del Mondo” si ispira all’atmosfera della Biblioteca Marciana di Venezia e si riferisce alla necessità umana di addomesticare la natura attraverso lo studio. E ancora la grande opera del giovane pittore veneziano Vittorio Marella dove il tema si trasforma in materia viva offrendo al tempo stesso problema e soluzione: siamo stranieri ovunque fino a quando non ci rendiamo conto che l’importante non è il luogo in cui ci troviamo, ma con chi.
La dimensione del sentirsi a casa e gli Artefici del Nostro Tempo
La ricerca della dimensione del sentirsi a casa prosegue con i lavori dell’artista bosniaco Safet Zec che ha vissuto il dramma dello sradicamento e dell’esilio e che ha trovato casa in laguna. Per lui la “direzione casa” è legata al dolore: nei suoi quadri emerge l’esigenza di riportare alla luce il dramma della guerra, della carestia e della fuga, ricordi indelebili che appartengono alla sua storia personale e, oggi come allora, alla nostra quotidianità. L’esterno del Padiglione con la grande vasca restaurata dalla quale emergerà la scultura di un bambino con in braccio un’ancora, realizzata dall’artista belga Koen Vanmechelen e sedute per i visitatori sarà una sorta di giardino delle riflessioni.
Anche quest’anno la multidisciplinarietà dei linguaggi artistici presente sarà in dialogo con le opere dei 7 giovani vincitori di Artefici del Nostro Tempo che saranno ospitate nel Padiglione.
Giunto alla sua quinta edizione il concorso, indetto dal Comune di Venezia, ha visto quest’anno la partecipazione di 1.062 artisti che hanno partecipato nelle sette discipline: Pittura, Fotografia, Fumetto e Illustrazione, Video Arte, Poesia visiva, Street Art e Opere in Vetro.
Silvia Bolognini