A Padova, dal 6 aprile al 13 ottobre, la mostra Nero Oro
Dagli elementi della natura al più desiderato dei materiali; dalla vivacità, dalle declinazioni modaiole, apparenti e tecnologiche dei colori, all’essenza del nero – totale assenza di cromaticità – che risalta la preziosità dell’oro, restituendo l’unicità artistica di una installazione che riassume oltre cinquant’anni di pratica, ricerca e scoperta. Nero Oro, nomen omen di questa impresa artistica, è la nuova mostra monografica di Fabrizio Plessi – a cura di Roberto Caldura – che aprirà al pubblico sabato 6 aprile e per i successivi sette mesi, fino al 13 ottobre 2024, ad ingresso gratuito.
Due non-colori uniti dal filo conduttore della poetica di Plessi
Dalla materia elementale all’oro, come un moderno alchimista. Fabrizio Plessi – emiliano d’origine, veneziano d’adozione – condensa il suo passato e il suo percorso artistico visual e visuale, tecnologico e sensoriale, nello spazio dell’ex chiesa di Sant’Agnese a Padova, il cui restauro è terminato lo scorso marzo 2023 grazie all’intervento della Fondazione Alberto Peruzzi, dove vi ha stabilito la sede.
Un’esposizione intima, figlia in parte del periodo pandemico, dove si intersecano l’arte pittorica e tecnologica di Plessi tra i due non-colori – l’oro e il nero, appunto – uniti da un unico, grande filo conduttore della sua poetica: il movimento.
I tre luoghi dell’arte di Plessi
La mostra nasce grazie all’amicizia tra Alberto Peruzzo e Fabrizio Plessi. All’interno dello spazio dell’ex-chiesa restaurata l’artista vi ha individuato una situazione e da qui un suo linguaggio, attraverso la digitalizzazione che da cinquant’anni ne veicola l’arte. Nero Oro si articola in tre momenti, ognuno in una delle tre aree principali dell’edificio.
Nella Navata centrale un archetipo di mosaico dorato, cangiante, dialoga (idealmente) con i frammenti d’affreso trecenteschi recuperati dal restauro.
Nell’Ipogeo – dove trovano spazio permanentemente i reperti della chiesa stessa – una sorta di “colata d’oro” sembra invadere i resti di una strada romana ancora visibile.
Nella Sacrestia, infine, l’esposizione di più di 100 disegni sfociati dalla mano di Plessi durante la pandemia, tutti tra il nero e l’oro, tutti a ricamare un movimento e una danza pittorica pregna della logica e del suo pensiero.
La purezza della natura e la cura necessaria
La mostra di Plessi sodalizza con il significato stesso dell’ex chiesa, sorta a Padova vicino a Ponte Molino, nel Medioevo, nell’area destinata ai mugnai.
La loro cattiva reputazione sociale, unita alle dicerie legate alla prostituzione, portarono a dedicare l’edificio a Sant’Agnese, simbolo di purezza.
La stessa purezza aurea verso cui dovremmo tornare ad ambire, nel trattare gli elementi della natura con la cura necessaria, tale da mantenere la loro verginità e la nostra prosperità – esistenziale e morale – di esseri umani. Fabrizio Plessi chiude un cerchio che l’ha portato a celebrare l’acqua, elemento fascinoso, sinuoso e originario, fino all’oro come sua stessa sublimazione preziosa, vitale per il nostro futuro sul pianeta.
L’artista usa la sua capacità profetica, tramite l’arte, per ammonire dei tempi che verranno.
Per Plessi, esposizioni fino al 2027
Classe 1940, Fabrizio Plessi continua a immaginare e visualizzare arte, in un turbinio di impegni ed esposizioni artistiche. A giugno, tra Milano e Brescia, ha portato rispettivamente a esposizione la celeberrima “Mari verticali” – dodici imbarcazioni in acciaio nero con inclinatura a 45°, nel cui interno scorrono dei flussi dorati, i dodici mari del mondo – e “Plessi sposa Brixia”, mostra che corona il suo periodo “L’Età dell’Oro” e che ha registrato circa 200.000 visitatori. Le esposizione continuano e continueranno, come menzionato dal suo sito, fino al 2027, poiché l’arte è per Plessi un respiro inconsapevole, che non ricorda come ampliare il torace e inalare l’aria: semplicemente accade e continuerà ad accadere.
Damiano Martin