Lo studio newyorkese Rafael Viñoly realizzerà entro il 2035 la sua sfida progettuale: l’aeroporto Amerigo Vespucci avrà sul tetto 8 ettari di vigna ad andamento inclinato per ricordare le colline toscane
E se un futuro terminal dell’aeroporto Catullo di Verona avesse sul tetto una preziosa vigna di Amarone. O al Canova di Treviso sorgessero sopra gli edifici dello scalo filari di Glera o Raboso?
Intanto, l’idea è venuta a Toscana Aeroporti, la spa di gestione dell’Amerigo Vespucci di Firenze (oltre a quello di Pisa) che ha messo al lavoro il celebre studio di architettura Rafael Viñoly di New York per una scommessa che vuole coniugare sfida progettuale, sostenibilità e identità del territorio.
Lo studio newyorkese, famoso per alcuni iconici edifici in giro per il mondo, tra cui il caratteristico “Walkie Talkie” nella City di Londra, ha presentato a gennaio il progetto per la nuova aerostazione fiorentina che sulla sommità avrà un vigneto.
Risposta strutturale a una costruzione che deve essere sostenibile dal punto di vista ambientale e contribuire alla riduzione dell’inquinamento tipico delle aree aeroportuali.
Un progetto che si svilupperà tra il 2026 e il 2035 e che secondo Roman Viñoly, direttore dello Studio, intervistato dalla Cnn, vuole essere un impegno sul fronte della sostenibilità ambientale ed energetica, oggi divenuta ormai una responsabilità morale «per chiunque voglia costruire qualsiasi cosa».
Partenze e arrivi sotto una pergola come nelle vecchie trattorie di campagna, quindi?
Non proprio, anzi visto il cronoprogramma per il completamento della struttura, si tratterà di una realizzazione alquanto complessa che peraltro ha già suscitato pareri non tutti lusinghieri. Come per esempio, a chi spetterà coltivare quella vigna che verrà impiantata a circa 500 metri dalle piazzole di sosta degli aerei.
Francamente, non sembra il quesito più urgente anzi si potrebbe prospettare una gara ad intestarsi l’etichetta del primo doc “10 thousand feet”, anche se in realtà le viti non si alzeranno di un metro da terra. O il vino da “business class”. Un vero colpo di marketing.
Che servirà anche a far crescere il traffico al Vespucci proiettato verso i 6 milioni di transiti, ora attestato oltre i 3 milioni e un primo bimestre 2024 che ha sfiorato i 400mila passeggeri (+32,3% sul 2023). Il vigneto sul tetto, nelle intenzioni dovrà rappresentare un ulteriore biglietto da visita “evocativo” per la città dei Medici e l’intera regione.
E potrebbe anche proporsi come modello per scelte analoghe in altri territori. Così viene in mente il Veneto, prima regione per produzione di vini in Italia.
Il progetto è di per sé ambizioso con la sua estensione di 8 ettari a coprire un terminal di 50mila metri quadrati con un andamento inclinato per ricordare le colline toscane.
Proprio questa è l’intenzione degli architetti della Studio Viñoly.
Un “tappeto” di uve per un totale di 38 filari che si estenderanno in lunghezza fino a quasi 600 metri con lucernari fotovoltaici che si alterneranno alle viti destinati a regalare la luce naturale all’interno del terminal. Non solo, assieme a questi lucernari verranno posizionati pannelli fotovoltaici e la combinazione dei due sistemi contribuirà, secondo il progetto, a fornire energia elettrica per i servizi aeroportuali.
Il “tetto verde” avrà come compito primario il trasferimento di energia fra esterno e interno grazie a serpentine scambiatrici con una funzione dinamica di isolamento: mantenimento del calore nei mesi freddi e rinfrescamento in quelli caldi. Firenze non scherza in quanto a temperature estive, in più ci sono le anomalie anche termiche del cambiamento climatico.
“Una delle mosse principali del progetto – si legge nel sito dello studio – è riorientare la pista dell’aeroporto esistente, che è inadeguatamente corta e influenzata negativamente dalle colline vicine che ne limitano l’operatività da parte di molti aerei moderni. In questa nuova concezione la pista viene girata di 90 gradi rispetto alle colline e allungata”.
Ma è nella parte relativa alla vigna che dà il meglio di sé, prevedendo anche cantine per l’invecchiamento.
Un “punto di riferimento per il futuro sostenibile di Firenze e simbolo della sua storia”
“I vigneti saranno coltivati e vendemmiati da uno dei principali viticoltori della regione e il vino sarà prodotto e invecchiato in loco in cantine specializzate sotto l’area dove il terreno inizia a inclinarsi fino a diventare il tetto del terminal -si specifica nel testo che accompagna il rendering -. Questa enorme superficie, che nasconde il terminal dell’aeroporto se vista dal Duomo del Brunelleschi e da altri importanti punti panoramici della città, non servirà solo come nuovo punto di riferimento per il futuro sostenibile della città, ma anche come simbolo delle tradizioni, della storia e dello spirito innovativo che continuano a trainare l’economia italiana nel 21° secolo”.
Ovviamente, agli architetti non interessa quale vino si produrrà sopra l’aerostazione che hanno progettato e neppure chi dovrà vendemmiare e commercializzarlo, ma hanno pensato al benessere delle piante e al pericolo che correrebbero se fossero a diretto contatto con l’inquinamento da carburanti e altro, quindi hanno arretrato la “zona produttiva” nella parte land-side dell’aerostazione: ci mancherebbe che il vino del Vespucci sapesse di tappo e di benzina avio.
Eppure si è già scatenato il fronte critico. Dopo i No-tav e i No-bob sono in gestazione anche i No-vigna?
Con una prima domanda che riguarda il consumo di acqua per idratare il vigneto.
E i pannelli solari saranno davvero sufficienti per la sostenibilità energetica di una struttura tipicamente energivora come un aeroporto considerando che proprio le viti potrebbero paradossalmente coprirli e limitarne l’efficienza? La risposta a questi e altri dubbi alla prima vendemmia, ma bisognerà aspettare almeno il 2035. Un vero Super Tuscan.
Agostino Buda
Buone le vigne irrorate dalla caduta dei prodotti di combustione degli aerei!!!!!