Il fenomeno riguarda soprattutto i ragazzi tra i 18 e 23 anni. La maggior incidenza in Sicilia, Campania e Umbria
Come si dice, ogni medaglia ha il suo rovescio. E se è vero che da un lato in molte cose la tecnologia avanzata semplifica la vita, osservata da un altro punto di vista può avere risvolti negativi, soprattutto tra i giovani.
In particolare se si affronta l’argomento social network.
Facebook, X, Instagram, TikTok sono diventati pane quotidiano per i ragazzi, al punto che circa 1,1 milioni di under 35 sono a rischio elevato di social dipendenza, ovvero il 10,1% della popolazione giovanile complessiva residente in Italia. A lanciare l’allarme è una ricerca, realizzata dall’Istituto Demoskopika su tremila giovani, che ha rilevato alcuni comportamenti preoccupanti: dal bisogno di utilizzarli sempre più frequentemente all’incapacità di smettere di farlo fino all’ansia o agitazione in caso di impossibilità di accedervi. Oltre alla riduzione delle ore di studio o lavoro a causa delloro eccessivo impiego.
Il “lato oscuro della rete” che preoccupa
Secondo quanto rilevato nella ricerca sono 430 mila, pari al 38% del totale, le persone tra i 18 e 23 anni che possono essere compresi nell’area “High Addiction” che indica un alto rischio di livello patologico di dipendenza; 390 mila quelle di età compresa tra 24 e 29 anni, il 34,5%, e 308 mila nella fascia 30-35 anni. Numeri che, come ha sottolineato il presidente di Demoskopika Raffaele Rio, confermano una preoccupazione sui rischi comportamentali legati all’utilizzo eccessivo e invasivo dei social.
“Nella comunità giovanile esiste una crescente consapevolezza digitale sulle criticità legate all’uso delle piattaforme sociali e sulla loro contaminazione emotiva condizionante l’umore delle persone – precisa Rio -, tuttavia la politica non sembra particolarmente attenta, o nella migliore delle ipotesi sembra rinchiusa nel limbo della meditazione su quali misure adottare per arginare il “lato oscuro della rete”
Social e amici? Vincono i primi e Instagram è la piattaforma preferita
Secondo lo studio Demoskopika, l’impatto dei social network è sempre più pervasivo e i rapporti per le attività mediate superano in preferenza quelli a diretto contatto tra le persone. E questo fa pensare parecchio.
La maggior parte dei giovani intervistati nella percentuale dell’85,7% infatti ha dichiarato di utilizzare tutti i giorni i social o un personal computer, 79,8%. Per circa 7 giovani su 10 soprattutto per ascoltare musica, 68.9%, oppure guardare la televisione, 67,4%, attraverso le principali piattaforme digitali. Il tutto a scapito dei rapporti interpersonali: solo poco più di 3 giovani su 10 vedono quotidianamente gli amici, vale a dire il 36,7%. La percentuale scende al 17,3% se si guarda al tempo libero che i giovani passano con parenti e familiari.
Tra i social network quello più frequentato rispetto al campione di ragazzi osservato è risultato per l’83,1% Instagram, al quale più di 8 giovani su 10 accedono con regolarità. Al secondo posto per il 72,5% c’è Facebook. Seguono Youtube con il 50,7% e Tik Tok con il 37,6%. Percentuali più bassi hanno X con 10,7%, Linkedin 9,75, Pinterest 6,3% e Snapchat 5,2%.
Dove i giovani sono più a rischio dipendenza dai social
Tra le regioni sono Sicilia, Campania e Umbria con una percentuale di poco superiore all’11% della popolazione under 35 ad avere il più alto tasso di giovani a rischio dipendenza, rispettivamente 106,8 mila; 131,4 mila e 16,5 mila. I ricercatori hanno inoltre evidenziato alcuni comportamenti preoccupanti legati all’uso/abuso dei social media. In particolare il 10,3% dei giovani presenta un alto livello di rischio di dipendenza “High Addiction” mentre il 15,6% nella “Moderate Addiction” con una certa propensione dunque al pericolo. Per contro la maggior parte degli under 35, pari al 74,1% è nell’area meno rischiosa “Low Addiction”. Riguardo il livello di consapevolezza rispetto ai pericoli della rete per l’81,65 dei giovani emerge prevalentemente un atteggiamento di condanna rispetto al fenomeno dell’incitamento all’odio online ma un 40,6% tende a giustificare il fenomeno.