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Atletica: Cipelli, la campionessa italiana guarda a Parigi

Atletica: Cipelli, la campionessa italiana guarda a Parigi

L’atleta veneziana conquista due tricolori agli assoluti di Ancona e punta all’appuntamento paralimpico della prossima estate

Nel 2017, sull’onda degli ottimi risultati che aveva ottenuto nel corso della stagione sportiva, la nostra rivista presentò in un’intervista una ventenne emergente atleta veneziana, descrivendola come “l’astro nascente dell’atletica paralimpica italiana”.
Una (facile) previsione che i fatti hanno detto non essere stata troppo ottimistica: dopo 6 anni, il curriculum sportivo di Francesca Cipelli, che tra qualche giorno (il 23 febbraio) compirà 27 anni, si è infatti riempito di primati e vittorie.
Ultimi successi, in ordine di tempo, quelli ottenuti ai recenti Campionati italiani paralimpici Fispes-Fidal di Ancona, da dove l’atleta della società Due Torri Noale è tornata con due titoli tricolori: nei 60 metri e nel salto in lungo per la categoria T37 (atleti con emiparesi).
Un risultato che riveste un’importanza particolare non tanto per le prestazioni (10”22 nella corsa e 3,63 metri nel salto), inferiori ai record italiani di categoria detenuti proprio dalla Cipelli, quanto perché arrivato nell’anno dei Mondiali di Kobe, in Giappone (dal 17 al 25 maggio) e soprattutto delle Paralimpiadi di Parigi.

 

  • Francesca, soddisfatta di questi due nuovi titoli italiani?

“Il mio ragionamento deve essere necessariamente più ampio del semplice fatto tecnico delle gare vinte. Prima di tutto perché vengo da una stagione travagliata, con due infortuni in una settimana sulla caviglia di stacco, che di fatto mi hanno costretta a fermarmi, precludendomi in pratica tutta l’annata nonostante abbia provato comunque a gareggiare, senza però essermi allenata con costanza. E ancora adesso spingo più del dovuto, a causa della mia emiparesi, con la parte sinistra, dovendo lavorare per migliorarmi anche in questo”.

  • Per te, il 2023 è stato un anno-chiave anche al di là dell’atletica, giusto?

“Sì: avevo programmato i Mondiali, ma negli ultimi mesi sono successe tante altre cose importanti nel resto della mia vita. In primo luogo, un progetto universitario mi ha portato in Australia per 3 mesi e questo mi ha portato anche a prendere una decisione sul fronte dell’atletica leggera, che rimane una costante della mia vita: fermarmi completamente per un mese e mezzo o due, avendo capito che questa era l’unica maniera per recuperare appieno dagli infortuni”.

  • Cosa ti ha dato l’Australia dal punto di vista sportivo?

“Finito lo stop, ho ripreso ad allenarmi proprio lì, all’interno di un gruppo fantastico, anche perché forte di gente già esperta nel campo delle cerebrolesioni. È stato quindi un periodo che ritengo una tappa fondamentale sia per il recupero che per costruire una diversa consapevolezza nei confronti di me stessa. Non mi sarei mai aspettata di trovarmi in queste condizioni, ma tutto questo mi ha permesso di fare delle scoperte non solo sul lato sportivo, ma anche personale e professionale”.

  • Un percorso di evoluzione che, adesso, ti ha portato in Svezia…

“Anche l’ambito dei miei studi, con il corso di laurea in Media Education alla Cattolica di Milano, ha registrato di recente una svolta: mi sono trasferita a Stoccolma per scrivere la tesi in un’università prestigiosa. Sto approfondendo interessanti tematiche relative all’ambito della ricerca nella robotica sociale: sì, posso dire che la mia crescita continua”.

  • L’arrivo a Stoccolma è stato importante anche per la tua carriera di atleta?

“Indubbiamente. In Svezia mi sta seguendo un nuovo team di allenatori, con cui stiamo imparando via via a conoscerci. Ma già l’approccio è stato fantastico: senza voler togliere nulla a nessuno, vengo seguita come mai mi era capitato in Italia in un processo che voglio portare avanti. In particolare, a livello tecnico, nel salto in lungo ho introdotto variazioni non indifferenti che non mi erano mai riuscite prima. Significa che ho migliorato anche la corsa e quelli giunti dai campionati di Ancona sono feedback importanti in tal senso”.

  • Qual è, allora, il tuo obiettivo?

“Continuare ad allenarmi per superare i miei limiti, con la consapevolezza dei cambiamenti. Portare avanti un lavoro di prospettiva che è solo all’inizio. Dall’inizio della mia avventura nell’atletica, penso di essere molto cresciuta, di aver capito tante cose. Cerco sempre il lato positivo nelle cose, sapendo che posso fare ancora molto di più. Non mi sento assolutamente arrivata. Voglio dimostrare di essere migliorata, cercare di scrivere nuovi record personali e italiani, ma soprattutto dare sempre il massimo. E se non ci riuscirò, sono già consapevole di dover continuare a lavorare anche nei prossimi anni”.

francesca cipelli

  • Non hai citato le Paralimpiadi di Parigi: una dimenticanza?

“Alle Paralimpiadi ci sono già arrivata e non è detto che questo significhi che ci debba necessariamente tornare ancora: sono a luglio e di qui all’estate può davvero succedere di tutto. Le guardo con occhio molto più critico, rispetto al passato, con più maturità. Ho la consapevolezza di potercela fare, ma capisco che bisogna guardare anche alle competitors. Tanto più che, sul fronte abilità, guardando alla categoria, in attesa del nuovo codice di classificazione in arrivo il prossimo anno, solo io ho alcuni scompensi. In prospettiva, mi auguro di diventare una pecora sempre meno nera e sempre più comune. Intanto, cercherò solo di dare il meglio di me, senza dimenticare che sono davvero ripartita da zero. Poi, è logico, mi dico che se ce l’ho fatta una volta, in condizioni ancora più precarie, venendo da un infortunio di 5 mesi…”.

  • Hai anche voglia di riscatto, insomma?

“Mi sento migliorata, lo confermo, ma io ho sempre affrontato la vita con la mentalità del “qui e ora”. Anche se certamente non posso cancellare il ricordo dell’infortunio molto grave, arrivato proprio nell’anno paralimpico. Guardando su Facebook, ho trovato un post di aprile di 5 anni fa, nel bel mezzo dell’infortunio alla caviglia destra, che mi faceva ancora un male atroce e che mi rendeva sostanzialmente impotente, non riuscendo nemmeno a camminare. Fissarsi un traguardo e sapere di non poterlo raggiungere è pesantissimo. In quel post, scrivevo che il mio sogno era l’“obiettivo-Tokyo”. Non sogno, ma obiettivo. E proprio quelle quattro parole mi fecero scattare qualcosa dentro, così come mi fa rileggerle adesso, spingendomi ad assicurare che, se sarò a Parigi, darò veramente tutta me stessa”.

  • Australia, Svezia, Giappone, Parigi… Nella “nuova” Francesca Cipelli cosmopolita, quanto resta dell’emergente eccellenza veneziana di 6 anni fa?

“Anche se, adesso, sto girando il mondo, mi sento assolutamente legatissima al mio territorio di origine. La mia testa è sempre a Venezia: un legame sanguigno, un amore quasi morboso, anche se so di non poter essere considerata “veneziana doc”, essendo nata a Dolo. Ma forse, anche in questo, c’è quella consapevolezza ancor maggiore derivante dalla scelta e non solo da una semplice appartenenza geografica. Faccio un esempio. Fino alla seconda superiore, non avevo mai parlato in dialetto. Frequentando le scuole in città, però, ho assunto subito la cadenza. Le prime volte che mi hanno sentito esprimermi in veneziano, i miei genitori hanno sottolineato come facesse loro strano questa cosa e, rispondendo a una loro precisa domanda, ho detto che l’avevo imparato a Venezia. Ecco: anche oggi, se devo definirmi, mi descriverei come una veneziana aperta al mondo e alla continua ricerca dei cambiamenti”.

Alberto Minazzi

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