Il fenomeno della tossicodipendenza non accenna a diminuire e i prodotti sul mercato dello spaccio si evolvono puntando sulla chimica
Nel “catalogo alla moda” degli spacciatori ci sono la “polvere di scimmia”, che ha cominciato a circolare da qualche anno anche in Italia ed è stata ribattezzata “Monkey” dai giovani, e il “Nesquik”, l’hashish di alta qualità nel gergo dei pusher.
Categoria di cui, per integrare le entrate, sarebbero entrati a far parte anche alcuni pensionati, specie a Roma.
Ma non solo. Il mercato della droga è in continua evoluzione, tra cocaina rosa e altri composti chimici, continuamente rielaborati in laboratorio per farli sfuggire ai controlli, alla portata economica non solo di adulti benestanti, ma soprattutto sempre più dei giovani, bastando qualche decina di euro per procurarsi una dose.
A sostenere la “filiera”, una diffusione della tossicodipendenza che purtroppo non accenna a fermarsi, come confermano le cifre dell’ultimo Rapporto tossicodipendenze del Ministero della Salute, relativo ai dati 2022 del Sistema informativo nazionale delle dipendenze, ma reso disponibile dallo scorso gennaio.
I pericoli della “Monkey Dust”
Proprio nel 2022 fu lanciato uno dei primi allarmi italiani relativamente alla “polvere di scimmia”.
A ottobre di quell’anno, all’ospedale di Bassano del Grappa, si registrarono infatti 2 accessi al pronto soccorso, di un cinquantenne e di una trentenne, per le conseguenze dell’assunzione della droga psicoattiva soprannominata anche “sali da bagno” o “polvere di zombie”.
La Monkey Dust, composta da alcaloidi sintetici simili alle anfetamine, ha un effetto immediato di accelerazione dei messaggi tra cervello e corpo che può durare molto di più (fino a sei ore) rispetto ad altre sostanze.
Questa droga, smerciata attorno alla ventina di euro al grammo e assumibile per iniezione, fumo o sniffata, può provocare allucinazioni e psicosi, convulsioni e tachicardia, paranoie, agitazione e deliri di onnipotenza. L’aumento della forza fisica, unito all’attività motoria eccessiva, rende necessario l’utilizzo di dosi massicce di sedativi per contrastarne gli effetti. A lungo termine, le conseguenze sul sistema nervoso centrale sono gravi, paragonabili a quelle dell’ecstasy/Mdma e della cocaina (che, molto spesso, viene consumata insieme alla polvere di scimmia).
Allargando la prospettiva fuori dai confini nazionali, lo scorso settembre una vera e propria “epidemia” di Monkey Dust si è registrata nell’area svantaggiata dell’Inghilterra centrale attorno alla città di Stoke-on-Trent, ritenuta una località di transito facile bersaglio per gli spacciatori. La diffusione, in più Paesi europei, è però iniziata già nel 2013, registrando un deciso aumento tra il 2017 e il 2018, dal momento che la “Monkey” viene vista dai tossicodipendenti come un’alternativa “economica” alla cocaina.
Le altre nuove droghe
Proprio in occasione del “caso” Stoke-on-Trent”, il project manager dell’Osservatorio europeo delle droghe e delle dipendenze, Michael Evans-Brown, dichiarò ad Euronews Next che “l’anno scorso, gli Stati membri dell’Ue hanno dichiarato di aver sequestrato 30,5 tonnellate di nuove sostanze psicoattive, l’87% di queste erano nuovi catinoni sintetici”, detti anche “Sali da bagno”, che possono generare effetti come paranoia, allucinazioni, attacchi di panico, agitazione estrema e comportamento violento.
Si ritiene che spesso tali sostanze arrivino dalla Cina, anche se c’è una crescita della quota dei traffici illeciti di stupefacenti provenienti dall’India.
Le nuove sostanze psicoattive più diffuse in Italia sono principalmente cannabinoidi e catinoni sintetici.
Ma anche oppioidi, fenetilammine, analoghi della ketamina, piperazine e triptamine.
Tutte sostanze che producono un’attività psicotropa simile alle droghe tradizionali (dalla cannabis, all’ecstasy, all’Lsd) ma hanno nella maggior parte dei casi una struttura sintetica delle molecole che le compongono. Tra le caratteristiche che accomunano c’è la potenza degli effetti e una pericolosità decisamente più elevata.
Ne possono infatti derivare tossicità devastanti e spesso inaspettate.
Tra le principali problematiche aperte, dal punto di vista sanitario, c’è proprio la combinazione dell’uso delle nuove sostanze con le droghe già riconosciute come illecite. Perché, altra tematica delicata, va sottolineato che, sotto il profilo legale, finché la struttura delle nuove sostanze psicoattive non viene identificata e caratterizzata, queste non possono essere considerate illegali e, di conseguenza, inserite nelle tabelle nazionali e internazionali degli stupefacenti.
La tossicodipendenza in Italia: il rapporto del Ministero
Sul tema tossicodipendenza, il rapporto appena pubblicato dal Ministero della Salute, prima analisi a livello nazionale dei dati rilevati attraverso il Sistema Informativo Nazionale per le Dipendenze, illustra nel dettaglio i principali dati sull’utenza, le attività e il personale dei servizi pubblici per le dipendenze patologiche in Italia.
Nel 2022, i 573 Servizi pubblici per le dipendenze (Serd) attivi, che contano su un personale di 5.987 unità, hanno assistito complessivamente 129.259 soggetti dipendenti da sostanze (su un totale di 242.373 contatti) di cui 17.497 (13,5%) nuovi utenti.
Circa l’86% dei pazienti totali, tanto tra i vecchi che tra i nuovi utenti, sono di genere maschile, con un rapporto di 1 femmina ogni 6 maschi.
I pazienti in trattamento, prosegue il rapporto, sono prevalentemente di nazionalità italiana (91,4%), soprattutto le femmine (94,7%).
Le classi di età più frequenti sono quelle comprese tra i 35 e i 54 anni, mentre, tra i nuovi utenti (tra cui l’età media è di 35,9 anni rispetto ai 43,4 di quelli già in carico o rientrati), le età più rappresentate sono quelle tra i 20 e i 44 anni.
La maggior parte degli utenti maschi (27,8%) vive con la famiglia d’origine, mentre tra le donne il 28,7% abita con marito e figli.
Solo l’11% del totale vive da solo. Tra i tossicodipendenti, infine, il 62,1% ha una fissa dimora (58,7% nei nuovi utenti e 62,7% negli utenti già in carico), il 72,9% presenta un livello di istruzione secondario e, riguardo all’occupazione, il 34,6% delle persone già in carico e il 30,7% dei nuovi utenti dichiara di averne una stabile e, rispettivamente, il 9,3% e il 9,8% una occupazione saltuaria. I disoccupati sono il 29,8% tra i già in carico e il 25,6% nei nuovi utenti.
Le droghe più diffuse
Il rapporto, poi, approfondisce il problema anche dal punto di vista delle sostanze. Emerge così che il 63% dell’utenza in trattamento per droga è in carico ai servizi per uso primario di oppiacei (ma si scende al 34,6% tra i nuovi utenti, contro il 67,4% dei già in carico).
Nonostante il progressivo calo, resta comunque l’eroina la sostanza primaria più usata dall’insieme degli utenti in trattamento. È invece in aumento la cocaina, sostanza primaria d’abuso per il 38,5% dei nuovi utenti, contro il 22,4% dei pazienti già noti (per una quota sul totale del 24,5%).
Quanto alle altre sostanze, la cannabis riguarda circa il 24,8% dei nuovi utenti (valore tendenzialmente in calo) e il 9,1% dei pazienti già in carico ai servizi dagli anni precedenti (11,2% dei pazienti totali). C’è poi una sostanziale stabilità nell’età di primo uso di oppiacei, cocaina e cannabinoidi, così come per l’età del primo trattamento per cocaina e cannabis.
I pazienti già in carico per lo più si iniettano la droga (30,7%) o la fumano o inalano (37,5%), con un 14,6% che la sniffa.
Tra i nuovi utenti, il 48,9% fuma o inala la sostanza, solo il 12,9% usa la siringa e il 20,4% sniffa.
Per quanto riguarda infine la frequenza di assunzione, sottolineando che “il dato è influenzato da una elevata quota di informazioni mancanti”, il rapporto osserva che più del 30% degli utenti, sia nuovi che già in carico, usa la sostanza primaria quotidianamente. E, a livello nazionale, ogni utente ha ricevuto mediamente 19 prestazioni di tipo sanitario, 172 prestazioni farmacologiche, 13 prestazioni psicosociali, con un costo medio annuo per residente dell’assistenza per le dipendenze, sia territoriale che ospedaliera, pari a 19,8 euro.
Alberto Minazzi