Mentre Bce e Federal Reserve non si schiodano sul taglio dei tassi di interesse, l’Italia arranca. Ma, seguendo una recente sentenza della Cassazione, diversi uffici legali sono al lavoro per recuperare risarcimenti di almeno 16 mld di € per i mutuatari italiani
La decisione della Banca centrale europea di lasciare invariati i tassi d’interesse, ancora al loro massimo storico di 4,50%, non ha suscitato un grande dibattito come quando le impennate si succedevano con preoccupante frequenza archiviando gli anni del denaro facile.
Infatti, nel complesso, gli incrementi sono stati dieci con una netta inversione di tendenza dopo un lungo periodo caratterizzato addirittura da tassi negativi.
Imprese e famiglie hanno dovuto costantemente aggiornare i conti non solo per mutui e prestiti ma anche con un’inflazione a livelli sconosciuti dall’arrivo dell’euro.
Partiamo da qui. I dati Istat di settore ci confermano che l‘anno scorso per gli italiani l’inflazione media è stata del 5,7% in netto calo dall’8,1% del 2022.
Giù anche il dato di dicembre attestato a +0,2% (mensile) e +0,6% (anno).
Istruttivo è pure andarsi a vedere un dato generalmente non preso in esame dal grande pubblico, ovvero quello su cui si calcola la rivalutazione delle cedole del capitale del Btp Italia, che sempre lo scorso dicembre si è posizionato al +0,2% e +0,6% su base annuale.
Ancora lontano il traguardo dell’inflazione al 2%
Quindi siamo sulla strada giusta, a fronte dei sacrifici e gli scontri tra falchi e colombe nostrani?
Quindi la Bce guidata da Christine Lagarde sta facendo bene e perseguire il traguardo del 2% di inflazione in zona euro non è un wishful thinking?.
In realtà non mancano segnali che sembrano andare in senso opposto.
Prendiamo per esempio i crescenti costi per il conto corrente.
Alzi la mano chi non ha ricevuto gli avvisi della propria banca, ma anche da Poste Italiane, che informavano dell’aumento delle commissioni di gestione.
Il più recente rapporto della Banca d’Italia fotografa la situazione al 2022, ma il trend è proseguito nel 2023. Bene, l’incremento è stato mediamente di 9,3 euro portando la spesa per il cliente, cioè noi, sui dodici mesi a 104 euro. Con Palazzo Koch che precisa come questo sia stato l’aumento consecutivo numero sette in altrettanti anni.
Il numero uno dell’Associazione bancaria italiana, Antonio Patuelli, getta acqua sul fuoco e avverte che, nonostante la fermezza della Bce, la situazione è in miglioramento e i mutui sono più abbordabili, ma attenzione, aggiunge, le attuali tensioni internazionali possono rallentare la tendenza alla discesa dei tassi.
Uffici legali al lavoro per recuperare 16 mld di € di risarcimenti per i mutui italiani
Non basta? Il mercato immobiliare è ben rappresentativo della situazione di incertezza innescata dai rialzi del costo del denaro impressi dall’Eurotower.
La fonte è al di sopra di ogni sospetto: l’Agenzia delle Entrate. Nei primi nove mesi del 2023, la flessione nelle compravendite si è avvicinata al 12% (11,8%) con il trimestre ottobre-dicembre a -10,4% secondo Tecnocasa.
Non è un voltare le spalle alla storica passione degli italiani per il mattone, è che ci sono meno soldi in circolazione per la minore propensione alla spesa a sua volta dovuta al costo crescente dei mutui sempre per effetto delle decisioni dell’Eurobanca.
Tassi e mutui? Attenzione, se c’è manipolazione dell’Euribor, allora il saggio applicato non vale.
Ovvero, come recita la sentenza della Cassazione che si è espressa in proposito giusto lo scorso mese, la costituzione di un cartello di banche (andate a vedervi i nomi dei quattro istituti coinvolti, nessuno italiano ma i riflessi sul mercato non sono da sottovalutare) automaticamente rende nulli gli interessi del mutuo.
Certo, la vicenda si riferisce non agli anni caldi di inflazione e interventi pesanti delle banche centrali (siamo tra il 2005 e il 2008) ma i soldi sono i nostri e avvocati e uffici legali sono già al lavoro in una prospettiva di almeno 16 miliardi di euro a risarcimenti per i mutuatari italiani.
Vince la prudenza
E come visto, l’inflazione è lungi dal centrare l’obiettivo del 2% in tempi brevi. In Europa come negli Stati Uniti.
Già, perché, mentre il nostro carrello della spesa costa magari di meno (di poco) ma in realtà è sempre meno pieno, si è accesa tra Bce e Federal Reserve una sorta di competizione su chi farà da apripista per il futuro taglio dei tassi.
Tradizionalmente è proprio la banca centrale americana a dare l’avvio a nuove stagioni al rialzo o al ribasso.
Ma questa volta, anche da Washington, nonostante l’andamento positivo dell’economia (inflazione scesa in un anno dal 5,4 al 2,6%, Pil al galoppo e retribuzioni in aumento) e del mercato del lavoro, si preferisce la prudenza (tassi fermi tra 5,25 e 5,50% dopo gli 11 aumenti del costo del denaro dal marzo 2022). Il numero uno, Jerome Powell, non parla e piuttosto si espongono presidenti regionali, saggiando il terreno e mandando segnali, come nel caso di Tom Barkin a capo di una Fed periferica che ha fatto capire come il target del 2% nonostante tassi d’interesse mai visti così alti in più di vent’anni, potrebbe essere ancora ben in là da venire.
Giorgetti: “Così si va verso la recessione”
Nessuna data. E allora Christine Lagarde per quale motivo dovrebbe intestarsi un taglio già ad aprile o forse giugno o più genericamente per l’estate?
Ma continuando così, ormai senza ulteriori aumenti sebbene anche solo in assenza di significative sforbiciate, si va dritti in recessione. È quanto afferma il nostro ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti. Lagarde è stata chiara a margine del Consiglio Direttivo Bce che non ha spostato di una virgola i tassi: «Prematuro discutere di un taglio dei tassi». Fine delle trasmissioni e, escludendo scenari di crisi, se ne riparlerà al prossimo Consiglio. Prima delle elezioni europee? Un calendario che pericolosamente incrocia politica con l’indipendenza della Bce, mentre il solito carrello della spesa si riempie sempre meno.
Agostino Buda