E’ quanto suggerisce all’Italia il rapporto dell’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo OCSE sulla base del debito pubblico
I numeri parlano chiaro. In Italia il debito pubblico, pari a circa il 140% del suo PIL è il terzo più elevato dell’OCSE.
Dati alla mano, le pensioni rappresentano una quota significativa della spesa complessiva.
In particolare, la spesa pubblica derivante dai costi legati all’invecchiamento della popolazione e al servizio del debito in percentuale del PIL nel periodo tra il 2023 e il 2040 dovrebbe aumentare di 4,5 punti percentuali.
Per questo è necessario, sottolinea l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo, “riportarlo su un percorso più prudente” attraverso riforme fiscali e della spesa.
Il suggerimento dell’Ocse, dunque, è quello di iniziare a farlo abbassando le pensioni più alte. e, nel breve periodo, eliminando gradualmente i regimi di pensionamento anticipato. In altre parole sarebbe opportuno mantenere la parziale deindicizzazione delle pensioni elevate per poi sostituirla nel medio termine con un’imposta sulle pensioni elevate che non siano correlate ai contributi pensionistici versati.
Una sorta di “contributo di solidarietà”, da mantenere fin tanto che il reddito relativo dei pensionati sarà allineato alla media dell’OCSE.
Un’altra direzione indicata è quella di “ridurre la generosità delle pensioni per le famiglie a reddito più elevato”.
Dal rapporto emerge anche che anche i tassi di occupazione sono in Italia tra i più bassi dell’OCSE a causa dell’elevata disoccupazione giovanile e della scarsa partecipazione delle donne al mercato del lavoro. In questo senso un aumento dei livelli di occupazione è essenziale per favorire una crescita cospicua per tutti.
Ad agevolare un maggiore accesso delle persone vulnerabili e dei giovani nel mercato del lavoro, sempre secondo il rapporto OCSE, potrebbe contribuire il potenziamento del comparto dell’istruzione tecnica e del sistema di formazione mentre per quanto riguarda la presenza delle donne è necessario potenziare l’accesso all’istruzione pubblica per la prima infanzia e introdurre misure per incentivare maggiormente il congedo di paternità, anche introducendo una “quota padre” nel diritto al congedo parentale per entrambi i genitori. In generale, al fine di favorire la crescita nel lungo periodo, occorre rilanciare un aumento della produttività rimasta stagnante nell’ultimo decennio.