La regione è stata chiamata a esprimersi in merito al fine vita da una proposta di legge popolare. E’ la prima in Italia. Seguiranno Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna, Piemonte e Abruzzo
Il Veneto è la prima regione d’Italia ad aver portato all’ordine del giorno del Consiglio regionale una discussione sul fine vita.
La seduta, indetta per oggi, a ridosso della scadenza dei sei mesi previsti dalla norma per trattare il tema, arrivato sul tavolo dell’ente per una proposta di legge popolare contrassegnata da oltre le 7 mila firme previste, è mentre si scrive ancora in corso.
E il presidente della regione Luca Zaia, che ha introdotto la discussione ma non ha volutamente al presenziato al dibattito per “non influenzare le scelte” e che ritornerà solo per la votazione, ha ricordato che, nonostante “il tema sia divisivo e non faccia parte del programma da noi presentato, va discusso “perché siamo chiamati a dare una risposta alla proposta popolare”.
Il dubbio sulla costituzionalità espresso dall’Avvocatura dello Stato
Una risposta che, come ha sottolineato l’Avvocatura generale dello Stato, potrebbe anche esser ritenuta incostituzionale, perché di fatto potrebbe creare disparità tra i cittadini se singole regioni sono chiamate a decidere, potendo farlo anche in modo diverso.
Sta di fatto che, a livello nazionale, una legge sul fine vita ancora non esiste e che al momento il percorso di fine vita in Italia è sancito in realtà dalla sentenza della Corte costituzionale. Quella del 2019.
Zaia: “Trovo immorale che un Paese gestisca un tema così profondo e importante solo con una sentenza della Corte Costituzionale”
“Io non sono il portabandiera di questo progetto di legge. Non lo sono stato e non era nei nostri programmi – ha ricordato Zaia – Oggi però siamo qui per esercitare i diritti inviolabili della democrazia. Il diritto democratico permette ai cittadini che raccolgono almeno 7 mila firme di presentare dei progetti di legge che devono necessariamente esser trattati entro sei mesi. Questo progetto di legge sta lambendo più regioni. Toccherà quindi prima o poi anche a Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna, Piemonte e Abruzzo esprimersi.
Non so neppure quanto costituzionalmente sia sostenibile tutta questa operazione e mi piacerebbe averne la conferma. Ma con legge 219 del 2017 sono state introdotte le interruzioni anticipate di qualsiasi trattamento. Quindi qualsiasi cittadino italiano già può stabilire, con il testamento biologico, da sano, quali saranno i livelli di cura sostenibili che lui potrebbe accettare. C’è poi la sentenza del 2019 su Dj Fabo. E i comitati etici delle Ulss sono chiamati a dare risposte in virtù di questa sentenza che riconosce al malato terminale con diagnosi infausta, sofferenza estrema e vivo solo grazie ai sostegni vitali, il diritto di chiedere il fine vita.
Ma trovo immorale – ha concluso – che un Paese gestisca un tema così profondo e importante solo con una sentenza della Corte Costituzionale”.
Chiarito poi che si tratta di un tema etico sul quale non possono e non vogliono esserci indicazioni politiche, il presidente Zaia, prima di uscire dall’aula, ha invitato coloro che parteciperanno al dibattito a “pesare le parole” perché in ascolto ci sono anche molti malati terminali, ai quali portare il dovuto rispetto.