Il menu di Coldiretti per il giorno più triste dell’anno. Vince la dieta mediterranea, votata come la migliore anche dagli esperti americani
È una data variabile, in quanto cade il terzo lunedì del primo mese dell’anno (che nel 2024 è oggi, 15 gennaio), ma ormai da qualche anno è entrata a far parte dei giorni che si ripropongono ogni anno.
Parliamo del “Blue Monday”, il giorno più triste dell’anno nell’emisfero boreale, che sarebbe stato calcolato (con tanto di equazione) per la prima volta da Cliff Arnall, psicologo dell’Università di Cardiff, e poi reso pubblico nel 2005 in un comunicato stampa del canale televisivo britannico dedicato ai viaggi “Sky Travel”.
Chiaro: siamo nell’ambito della pseudoscienza, così per il giorno più felice dell’anno, calcolato sempre da Arnall attorno al solstizio d’estate.
Ma non mancano le motivazioni addotte per la scelta: il Blue Monday sarebbe il giorno in cui matura la consapevolezza che sono finite le feste natalizie, dovendo attendere fino all’estate per nuove vacanze. E questo si aggiunge al calo di luce e alle basse temperature.
C’è invece una chiara base scientifica nella risposta che Coldiretti ha proposto per combattere anche a tavola gli effetti del giorno più triste.
Il consiglio è quello di consumare cibi ricchi di un aminoacido essenziale: il triptofano. Combinato con carboidrati, ferro e vitamine del gruppo B concorre infatti ad aumentare nell’organismo i livelli di serotonina, neurotrasmettitore che regola tra l’altro l’umore.
Il menu con i cibi-antitristezza
L’elenco di alimenti indicati da Coldiretti è lungo e variegato: vi rientrano tanto il petto di pollo quanto il provolone, il tuorlo d’uovo, come le mandorle, che anzi sono uno dei cibi più ricchi di triprofano (398 milligrammi per 100 grammi di parte edibile). Ed è dunque evidente che non tutti si adattano allo stesso modo ai diversi pasti della giornata.
Proprio le mandorle, insieme alla frutta secca, al latte e lo yogurt, sono così consigliati per la colazione. A pranzo, il menu anti-tristezza di Coldiretti suggerisce farro (198 mg di triptofano per etto) o una zuppa di legumi (in primis i fagioli, con 226 mg, e le lenticchie, a 202). E poi le uova: in 100 grammi tuorlo ci sono 237 mg dell’aminoacido.
A completamento della giornata, la cena dovrebbe prevedere carne bianca (nel pollo ci sono 359 mg di triptofano all’etto), ma può andare bene anche la carne di maiale o il pesce, a partire da orate e sarde. Buona parte dei formaggi, come pecorino romano, parmigiano reggiano o grana padano, supera i 300 mg, con il provolone a 336.
Per contorno, infine, asparagi, spinaci, funghi o broccoli, in grado di influenzare gli stati emotivi attraverso vitamine e sali minerali.
Il primato della dieta mediterranea
Al di là del Blue Monday, il consiglio generale è comunque quello di seguire i princìpi della dieta mediterranea.
Che è stata riconosciuta come la migliore anche dalla classifica elaborata dallo statunitense U.S. News & World’s Report’s, riferimento globale per i consigli ai consumatori.
Dietro alla mediterranea, si sono collocate le diete “dash” (contro l’ipertensione), “mind” (che previene e riduce il declino cognitivo), “mayo” (programma di 12 settimane che punta sulle proteine ed esclude i farinacei) e “flexariana”.
La dieta mediterranea ha conseguito il punteggio più alto, 85,1%, per gli effetti positivi sulla salute, anche del cervello, per la sua facilità nell’essere seguita, anche dalle famiglie, grazie all’impiego di alimenti facilmente reperibili. Inoltre, spinge a contenere il consumo di grassi sani, come l’olio d’oliva, disincentivando quelli saturi e riducendo il consumo delle calorie (di circa il 30%), la pressione, il colesterolo, il peso e il rischio di ictus e malattie cardiache. Ed è adatta a chi segue prescrizioni religiose halal e kosher.
Il riconoscimento americano, che potrebbe aiutare anche la candidatura della cucina italiana a Patrimonio Unesco, non deve sorprendere. A dimostrare scientificamente per primo l’efficacia della dieta mediterranea è stato proprio un nutrizionista statunitense, Ancel Keys, che la conobbe nel primo convegno sull’alimentazione a Roma, nei primi anni ’50. Lo studio-pilota fu condotto sugli abitanti della Campania e di Creta, poi Keys decise di trasferirsi in Calabria, dove abitò oltre 20 anni, toccando quindi i 100 anni di vita.
Alberto Minazzi