Il ministro Tajani ammette: dopo le precedenti astensioni, l’Italia potrebbe sostenere il cessate il fuoco
Nella Striscia di Gaza si continua a combattere e purtroppo non si arresta nemmeno la crisi umanitaria, con aggiornamenti giornalieri del numero delle vittime, anche civili, del conflitto tra Israele e Hamas.
Proprio in considerazione del drammatico bilancio in termini di vite umane tra coloro che non prendono direttamente parte alle ostilità, trovandosi coinvolti loro malgrado negli scontri, anche Paesi che si sono schierati a fianco dello Stato ebraico sembrano ora orientati a schierarsi a sostegno del cessate il fuoco.
In questa prospettiva è in programma oggi, 20 dicembre, la nuova riunione del Consiglio di sicurezza dell’Onu, proprio per discutere di una risoluzione volta a rendere più vicina la fine della guerra.
Un risultato che sembra essere meno irraggiungibile dopo il nuovo orientamento che sembrano aver intrapreso Nazioni come gli Stati Uniti e la stessa Italia.
La posizione dell’Italia nelle parole del ministro Tajani
Finora, da alleato di Israele, il nostro Paese si è sempre astenuto nelle precedenti votazioni in sede Onu.
Questo è avvenuto, ha spiegato il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, in un’intervista rilasciata oggi al quotidiano La Stampa, “perché i testi proposti non esperivano alcuna condanna nei confronti di Hamas”.
Adesso, però, la situazione sembra essere evoluta, anche per l’Italia. A essere sottoposto al voto del Consiglio di sicurezza, lanciando un chiaro messaggio a Israele, potrebbe ora essere “un testo proposto dagli Stati Uniti che invita Israele a lavorare per la fine delle operazioni militari, riconoscendo le responsabilità di Hamas”, ha aggiunto Tajani.
Tajani, “Troppe vittime civili”
Di conseguenza, il ministro degli Esteri ha dichiarato che “siamo disponibili ad appoggiare iniziative che portino a una riduzione immediata delle vittime civili” “Ci sono troppe vittime tra i civili palestinesi”, ha proseguito Tajani, confermando che il Governo insisterà “perché la risposta di Tel Aviv sia proporzionata”.
E l’Italia, pur convenendo che il passaggio fondamentale sarà uno stop “giusto” alla guerra che avvenga al più presto, già guarda anche avanti. “Dobbiamo anche iniziare a pensare al dopo – ha concluso il ministro – alla possibile sconfitta militare di Hamas: dovrà esserci un periodo di interregno con una presenza anche militare delle Nazioni Unite».
Il voto al Consiglio di sicurezza Onu
La riunione delle Nazioni Unite è dunque slittata, rispetto alla data di lunedì 18, oltre che per proseguire con le trattative diplomatiche proprio per consentire agli Usa di elaborare un testo al quale non opporre il veto, come già avvenuto in due occasioni. Non a caso, l’ultima risoluzione consensuale adottata per provare a compiere passi avanti verso la fine del conflitto risale addirittura al 7 ottobre.
Anche se prevedevano una liberazione incondizionata degli ostaggi israeliani, i testi precedenti erano stati bocciati in Consiglio di sicurezza dagli Stati Uniti soprattutto per la mancata condanna esplicita di Hamas per il massacro del “sabato nero” e perché venivano visti come un mezzo per offrire ai fondamentalisti palestinesi l’occasione di riorganizzarsi.
Trattative in corso: si spera sulla fine della guerra
Va ricordato, comunque, che l’Assemblea generale dell’Onu, nel frattempo, ha votato a netta maggioranza una risoluzione attraverso cui chiedere l’immediato cessate il fuoco.
Un risultato che è stato richiesto esplicitamente, nell’immediato, anche dalla Francia, mentre Germania e Regno Unito l’hanno auspicato, purché “sostenibile”.
L’ultima bozza di risoluzione, presentata dagli Emirati Arabi Uniti, aveva invece chiesto una “cessazione urgente e duratura delle ostilità per consentire il pieno accesso agli aiuti umanitari nella Striscia di Gaza”. Ma gli Stati Uniti hanno chiesto più tempo. “Per noi è importante che il resto del mondo capisca cosa è in gioco qui”, ha spiegato il portavoce del Consiglio di sicurezza nazionale americano John Kirby.
Alberto Minazzi