Nel 2023 sono quasi 200 mila, secondo un’indagine di Facile.it: un freno anche al mercato immobiliare (in cui, a sorpresa, diminuiscono anche le case all’asta)
Il Natale è la festa della famiglia. Ma ci sono molte famiglie che, l’ormai vicinissimo 25 dicembre 2023, non avranno lo spirito giusto per festeggiare.
La crisi economica e l’inflazione stanno infatti rendendo problematiche le condizioni economiche di sempre più italiani.
Tanto più se, oltre a sbarcare il lunario, si trovano a dover pagare le rate di un mutuo.
Come sottolinea l’indagine svolta da mUp Research e Norstat per Facile.it, sono state infatti quasi 200 mila le famiglie che, quest’anno, non sono riuscite a onorare una o più rate di un mutuo. In particolare se il contratto stipulato con la banca prevede un tasso variabile che pure, in partenza, prevede un tasso più basso rispetto a quello fisso.
A causa dell’inflazione, nei 2 anni da gennaio 2022 a oggi il tasso variabile è però aumentato fino al +65%, con un aggravio complessivo che, per un finanziamento medio, supera i 3.100 euro. E tutto questo ha spinto chi si è trovato in difficoltà a pagare una rata a cercare soluzioni alternative. A partire dalla richiesta di rinegoziazione con la banca.
Una possibilità, questa, che però non sempre si riesce a ottenere, anche perché gli istituti di credito non hanno alcun obbligo ad accettarla.
Con il rischio che i beni ipotecati, ovvero spesso case date in garanzia per la restituzione dei soldi prestati, finiscano all’asta.
Anche se, un po’ a sorpresa, le esecuzioni immobiliari nel 2023 sono diminuite.
La (difficile) rinegoziazione del mutuo
Nell’indagine di Facile.it, il 21% di chi ha un tasso variabile ha ammesso di aver rinegoziato le condizioni del contratto di mutuo con la propria banca.
Un’operazione, va ricordato, che è possibile anche quando si è in regola con i pagamenti e non richiede l’intervento del notaio.
Vi è però un 27,9% che ha sottolineato come il tentativo di rinegoziazione non sia andato a buon fine.
“Il consiglio per chi vuole rinegoziare il mutuo è di muoversi per tempo e non aspettare di trovarsi in una situazione di difficoltà economica” dicono gli esperti del sito. Tale consiglio vale anche per la seconda opzione praticata dagli italiani per far fronte agli effetti dell’inflazione sul loro mutuo: la surroga. Si tratta del trasferimento, gratuito, del contratto verso un’altra banca. Secondo la ricerca, si è attivato in tal senso il 7% degli italiani con mutuo a tasso variabile.
Ma anche per le surroghe è elevata (24,3%) la quota di chi non è riuscito a portare a termine l’operazione.
A completare il quadro, il 6,4% che ha estinto parzialmente il mutuo e il 4% che ha allungato la durata del finanziamento. Quasi la metà di chi ha un mutuo a tasso variabile ha comunque dichiarato che potrebbe avere in futuro seri problemi con i pagamenti se non dovessero calare in breve tempo i tassi di interesse.
Mutui: le decisioni dell’Europa e le previsioni
L’aumento del costo dei mutui è strettamente legato alla politica di aumento dei tassi adottata dalla Banca Centrale Europea a partire da luglio 2022.
L’ultima decisione della Bce, dello scorso 14 dicembre, ha però confermato un’inizio di inversione di tendenza, con la scelta di mantenere i tassi invariati per la seconda volta consecutiva.
Quello sui rifinanziamenti principali resta così fermo al 4,5%, quello sui depositi al 4%, e quello sui prestiti marginali al 4,75%.
Per un taglio dei tassi, si dovrà attendere dunque il 2024, probabilmente, secondo le ipotesi degli analisti, al più presto a marzo e in linea generale tra la primavera e l’estate.
Nel frattempo, però, gli interessi sui mutui continuano la loro crescita. Secondo gli ultimi dati della Banca d’Italia, il tasso ha toccato il 4,72%, comprensivo delle spese accessorie, al massimo livello da gennaio 2009, quando di attestò al 4,91%.
La discesa dell’importo delle rate dei mutui dovrebbe iniziare così dalla seconda metà del prossimo anno. Si calcola che, sulla base delle previsioni di calo dell’indice Euribor, il riferimento per i mutui a tasso variabile, al 2,68% di dicembre 2024 (gli ultimi dati, del 18 dicembre 2023, riportano quello trimestrale al 3,93%), la rata di un mutuo medio potrebbe scendere da 750 a 660 euro in un anno.
13.800 immobili all’asta ogni mese
Se, per il debitore insolvente sottoposto a esecuzione, la vendita all’asta del proprio immobile è un dramma, in un contesto di difficoltà economica in cui la capacità di finanziamento si calcola sia scesa del 40%, questa forma di vendita forzata costituisce per gli italiani alla ricerca di una casa un’opportunità in più, visto il valore al metro quadro decisamente più basso: mediamente 700 euro contro 1.970.
Come illustrato da Reviva nel corso di un recente webinar, le aste immobiliari bandite nel 2023 in Italia sono però diminuite del -20% rispetto al 2022 e del –18% nei confronti del 2021. In totale sono state 152.303, mediamente 13.800 al mese.
In discesa di un quinto, nell’ultimo anno, anche il valore complessivo degli immobili all’asta, passato da 22,6 a 18 miliardi di euro.
Il 55% degli immobili finiti all’asta è composto da unità residenziali.
Il calo delle aste immobiliari conferma l’inversione di tendenza iniziata nel 2022, dopo il boom nel post-Covid, che ha interessato il Nord Italia, mentre al Sud la crescita, pur lieve, prosegue. E viene spiegato in primo con la diminuzione delle procedure esecutive pendenti nei tribunali, ma anche con il fatto che il creditore, attraverso l’asta, rientra solo di una parte dei soldi, con il residuo che resta difficilmente recuperabile.
L’impatto dei mutui sul mercato immobiliare
È comunque l’intero settore delle compravendite immobiliari a far registrare una frenata.
I dati Istat relativi al primo trimestre del 2023 indicano una diminuzione del -5% rispetto all’ultimo del 2022 e un calo su base annua addirittura del -11%.
Cifre che diventano ancor più significative guardando ai mutui, ai finanziamenti e alle altre obbligazioni con garanzia attraverso ipoteca immobiliare.
In questo caso, le diminuzioni sono del -12,6% su base trimestrale e del -31% in un anno.
In termini assoluti, gli atti notarili di compravendita e le altre convenzioni relative ad atti traslativi a titolo oneroso per unità immobiliari sono state da gennaio a marzo esattamente 210.691. “Dopo otto trimestri consecutivi di crescita, registrati tra il terzo trimestre 2020 e il secondo trimestre 2022, gli ultimi tre evidenziano una contrazione che è trainata principalmente dall’abitativo, settore di spinta dell’intero mercato immobiliare”, commenta l’Istat.
La frenata delle vendite nel settore abitativo riguarda l‘intero Paese. La riduzione, in un anno, è stata più marcata al Nord-Ovest (-16,5%) e al Centro (-16%), ma segni negativi si riscontrano anche nelle altre macroaree: -7,8% al Nord-Est, -4,9% nelle Isole e -4,6% al Sud. Pur con percentuali più marcate nei grandi centri (-18,3%), le vendite di case sono però diminuite anche nelle piccole realtà, dove la diminuzione si è attestata al -6,4%.
Alberto Minazzi