Lo studio di Columbia University e Isp, l’Istituto di Scienze Polari del Cnr: “un raddoppio della CO2 in atmosfera corrisponde ad un aumento della temperatura media globale di 5-8 °C”
L’equazione è semplice: più aumenta la quantità di CO2 nell’atmosfera, più si alza la temperatura globale del nostro pianeta.
Un raddoppio potrebbe portare a un innalzamento di circa 2 gradi di riscaldamento ed è quello che si teme accada per la fine di questo secolo.
Un aumento di 1,5°C sarà raggiunto probabilmente già nel 2030, a prescindere dagli obiettivi stabiliti dall’Accordo di Parigi.
Quanto meno, ne è convinto il fisico a capo dell’Intergovernemental Panel on Climate Change Jim Skea.
Ora, il più recente studio realizzato in materia e pubblicato dai ricercatori della Columbia University, che hanno collaborato per questo con l’Istituto di Scienze Polari (Isp) del Cnr italiano, ci fa alzare l’asticella. Non solo delle probabilità che questo accada ma anche del pericolo da prendere in considerazione.
“La nuova ricostruzione, basata su un’analisi approfondita dei dati pregressi – si legge infatti nello studio pubblicato su Science e coordinato da Bärbel Hönisch – rivela che un raddoppio della CO2 in atmosfera corrisponde ad un aumento della temperatura media globale di 5-8 °C”.
Uno scenario, conclude la ricercatrice, che “evidenzia l’urgente necessità di affrontare le emissioni di gas serra e di elaborare strategie efficaci per contrastare il cambiamento climatico”.
CO2: l’attuale concentrazione è la maggiore negli ultimi 14 milioni di anni
Attraverso la combinazione di dati provenienti da quelle che in gergo gli studiosi definiscono “misure dirette” (le cosiddette bolle d’aria intrappolate nelle carote di ghiaccio nelle aree polari) e “misure indirette” (archivi geologici, dunque fossili, minerali, piante), lo studio è arrivato a definire quanta CO2 sia stata presente in atmosfera a partire da 66 milioni di anni fa.
E a delineare una curva di evoluzione fondamentale per comprendere come potrebbe ulteriormente cambiare la situazione.
Con un impatto non solo sul clima ma anche sugli ecosistemi.
Se così è emerso che il periodo più caldo degli ultimi 66 milioni di anni risale a 51 milioni di anni fa, quando, in correlazione a livelli di CO2 di 1600 ppm, le temperature arrivarono a essere di 12°C più alte rispetto a quelle di oggi, è stato rilevato anche che l’attuale concentrazione di CO2 è la maggiore che sia mai stata registrata negli ultimi 14 milioni di anni.
Rispetto alla fine del 1700, per esempio è raddoppiata, superando i 420 ppm.
Se la tendenza proseguisse con lo stesso rapporto registrato finora, si potrebbe arrivare entro il 2100 a a oltre 800 ppm, dunque a una temperatura media globale ben al di sopra dei 2°C temuti.
La Co2 nella storia
L’intreccio dei dati diretti e indiretti recuperati ha consentito di tracciare una sorta di mappa della CO2 nelle varie ere.
Considerato che determinare il valore della concentrazione di anidride carbonica atmosferica “è difficile per tempi più antichi dei circa 800 000 anni per i quali sono disponibili registrazioni di carote di ghiaccio”, sottolinea nella prefazione allo studio H.Hesse Smith, “questa sintesi fornisce comunque la documentazione più completa finora disponibile e aiuterà a stabilire meglio il ruolo dell’anidride carbonica nell’evoluzione climatica, biologica e della criosfera”
Tra i 66 e i 56 milioni di anni fa, quando ancora non c’erano i ghiacciai, a differenza di quanto finora si riteneva, “la concentrazione di CO2 in questo periodo era effettivamente elevata, oscillando tra 600 e 700 ppm. Tant’è vero che la temperatura superficiale globale, 51 milioni di anni fa, era di 12°C più alta di quella odierna.
La formazione dell’attuale calotta antartica risale a circa 34 milioni di anni fa, quando “la CO2 atmosferica era scesa a 550 ppm, valore che ha coinciso con l’inizio delle radiazioni nelle piante con meccanismi di concentrazione del carbonio che oggi popolano praterie e deserti. La CO2 – continua lo studio – rimase al di sotto di questa soglia per il resto del Cenozoico e continuò la sua diminuzione”.
Concentrazioni più elevate di quelle attuali ci furono poi nel Miocene medio, quando “la Groenlandia non era ancora ricoperta dai ghiacci e stime indipendenti suggeriscono che il livello del mare fosse circa 50 metri più alto di oggi”.
Finché, nel Pleistocene, tra i 2.580.000 a 11.700 anni fa, i valori scesero al di sotto dei 270 ppm.
In epoca più recente, quella del Quaternario che inizia 11.700 anni fa e continua tuttora, le cose sono mutate nuovamente portando a un rialzo della concentrazione di anidride carbonica in atmosfera. La sfida, ora, consiste nel contenere al massimo questo aumento e, con esso, l’innalzamento delle temperature.
Consuelo Terrin