Nel giorno della chiusura della conferenza di Dubai, potrebbe essere rivista la bozza di accordo finale, che parla solo di una riduzione di carbone, petrolio e gas ma non di uno stop
Il rischio è quello di trovarsi di fronte alla classica montagna (la Cop28, la Conferenza dell’Onu sui cambiamenti climatici, che chiude i battenti oggi, 12 dicembre, a Dubai) che partorisce un topolino. E non solo le associazioni ambientaliste coinvolte nei negoziati, ma anche molti e importanti Stati si stanno battendo affinché ciò non avvenga.
Perché le 21 pagine della bozza di accordo finale proposta ieri dal presidente Sultan Al Jaber, a differenza delle versioni precedenti, non fissano alcuna scadenza per lo storico stop all’utilizzo delle fonti energetiche fossili come petrolio, gas e carbone, ma solo un ben più blando impegno alla riduzione del loro impiego.
Una soluzione che ha portato alla spaccatura tra i 197 Stati membri, più l’Unione Europea, presenti al vertice delle Nazioni Unite.
Che dunque rischia di chiudersi con un nuovo rinvio, a meno di riuscire a raggiungere, attraverso i negoziati che continuano, una nuova intesa, che però al momento appare alquanto complicata.
Chi dice no alla bozza
Il punto di compromesso per trovare un consenso unanime al documento appare difficile soprattutto riguardo all’uscita graduale dai combustibili tradizionali.
La bozza, infatti, non solo non fissa scadenze in merito, ma addirittura non riporta il termine, “phasedown”, con cui si era definita la questione nei precedenti documenti.
Il fronte dei contrari alla firma dell’accordo in questi termini comprende circa 120 Paesi, tra cui l’Unione Europea, che la ritiene “insufficiente”, e gli Stati Uniti, che chiedono un sostanziale rafforzamento.
“Questa è l’ultima Cop – ha affermato l’inviato Usa, John Kerry – in cui avremo la possibilità di mantenere in vita l’obiettivo di contenere l’aumento delle temperature medie a 1,5 gradi centigradi”.
“Credo – ha proseguito Kerry- che nessuno voglia essere associato a un fallimento. Poche persone nella vita pubblica devono fare scelte di vita o di morte nella Storia. Questa è una guerra per la nostra sopravvivenza”.
Il think tank per il clima “Ecco” ha del resto presentato uno studio secondo cui i Paesi ricchi devono iniziare da subito a eliminare l’estrazione dei combustibili fossili, che deve cessare completamente in tutto il mondo entro il 2050.
Ma, insieme ai Paesi occidentali, premono in tal senso anche molti Stati dell’Africa e dell’America Latina, così come gli Stati insulari, che si trovano a fronteggiare le conseguenze più pesanti dei cambiamenti climatici. Particolarmente simbolica, in tal senso, la reazione del ministro delle Risorse naturali delle Isole Marshall, John Silk: “Non siamo venuti qui per firmare la nostra condanna a morte”.
I contenuti della bozza e i suoi sostenitori
Un altro aspetto critico della bozza è legato all’utilizzo di un altro termine da cui dipende la continuazione o meno delle emissioni.
Con “unabated” ci si riferisce infatti alla lavorazione delle materie prime provenienti da fonti fossili in impianti che non dispongono di sistemi di cattura-stoccaggio o cattura-utilizzo di anidride carbonica.
La bozza di accordo lascia anche piena libertà di scelta riguardo alle modalità attraverso cui ridurre i combustibili fossili, a cui si legano circa i due terzi delle emissioni di gas serra, a loro volta principale causa del riscaldamento globale e dei disastri climatici ad esso legati. Opzioni non vincolanti criticate da ong, scienziati ed esperti.
A guidare i Paesi favorevoli alla bozza, in quanto contrari al progetto di phaseout, sono l’Arabia Saudita, principale esportatore mondiale di petrolio, e gli altri Stati grandi produttori ed esportatori di petrolio aderenti all’Opec, come l’Iraq, che hanno espressamente reso nota la loro posizione in tal senso.
Va ricordato anche che Sultan Al Jaber, oltre che presidente della Cop28 e ministro di Stato degli Emirati Arabi Uniti, è anche il presidente della principale compagnia petrolifera nazionale del suo Paese. Al momento, invece, non c’è alcuna presa di posizione da parte della Cina.
Gli spazi per la trattativa
Nei giorni scorsi, il segretario generale dell’Onu, Antono Guterres, si era rivolto alle parti, esortandole alla massima flessibilità per il raggiungimento di un compromesso. E il confronto tra ministri e delegati per arrivare alla redazione di un nuovo testo è proseguito anche nella notte.
“Questa è la mia proposta, se non va bene aspetto le vostre, la mia porta è aperta”, ha dichiarato il sultano Al Jaber. “O si fa la storia o si spreca di nuovo un’occasione. Abbiamo un testo e dobbiamo concordarlo: il tempo delle discussioni sta per finire e non c’è tempo per le esitazioni. Il momento di decidere è adesso. Dobbiamo ancora colmare molte lacune. Non abbiamo tempo da perdere”.
Alberto Minazzi