Dopo 47 anni dall’unica vittoria, gli Azzurri riportano a casa la principale competizione per nazionali. Domenica trionfale col bis di Bagnaia in MotoGP
Dal 1976 sono passati 47 anni.
Tanto c’è voluto per riportare in Italia la Coppa Davis, la mitica “insalatiera” (perché questo, letteralmente, riproduce il trofeo consegnato ai vincitori) del tennis mondiale.
Una manifestazione atipica, perché a squadre in uno sport essenzialmente individuale.
Ma importante al pari dei principali eventi di questa disciplina come i tornei di Wimbledon o del Roland Garros, forse proprio perché capace di introdurre nel tennis il concetto di “Nazionale” e di orgoglio di difendere i colori della propria patria.
In Coppa Davis, l’obiettivo va raggiunto di squadra, prima ancora che puntando su un singolo campione. Basti pensare alla semifinale, dove il numero 1 al mondo e forse tennista più forte di tutti i tempi, Novak Djokovic, non è riuscito a trascinare contro l’Italia la sua Serbia all’atto finale.
Va però anche sottolineato che il “Campione” con la “C” maiuscola, adesso, l’Italia ce l’ha. E, a soli 22 anni, per Jannik Sinner il futuro si prospetta ancor più sfavillante di un presente comunque incredibilmente ricco di soddisfazioni.
Da Santiago del Cile…
Nel quasi mezzo secolo trascorso tra il 1976 e il 2023, molto è cambiato.
Nella sport e nella società. Sul primo fronte, per esempio, il tennis è diventato molto più atletico, anche per l’evoluzione dei materiali, che ha aumentato in maniera esponenziale la velocità degli scambi. E proprio per questo i nostalgici puristi della tecnica fanno fatica a riconoscersi nelle partite odierne.
È cambiata, nello specifico, anche la Coppa Davis. Perché, fino a pochi anni fa, si girava il mondo, nell’arco dell’intero anno sportivo. Adesso, il calendario, intasatissimo di impegni per gli atleti, ha spinto a organizzare il torneo in un paio di settimane, riducendo il numero degli incontri (da 4 singolari e un doppio si è passati a 2 singolari e un eventuale doppio di spareggio per ogni sfida) disputati per di più in raggruppamenti concentrati solo in alcune località.
Ma è cambiata anche la società. Nel 1976, per esempio, erano gli anni della dittatura di Augusto Pinochet in Cile. Un fatto politico che incise anche a livello sportivo. Perché, suscitando non poche polemiche, l‘Italia del tennis fu l’unica Nazionale che accettò di andare a giocare a Santiago. E a vincere una finale conquistata comunque sul campo da un gruppo di tennisti azzurri entrati nella storia indipendentemente dalla Davis.
Era l’Italia capitanata “in panchina” da un già campione di questo sport come Nicola Pietrangeli e forte in campo di giocatori del calibro di Paolo Bertolucci, Corrado Barazzutti e Tonino Zugarelli. Ma soprattutto, senza nulla togliere agli altri, di Adriano Panatta. Ovvero il primo italiano a raggiungere il quarto posto nelle classifiche mondiali. E per lunghi decenni l’unico a farlo. Almeno fino a Sinner.
…verso Malaga
Già: è forse più di una coincidenza che Jannik abbia chiuso l’anno proprio in quarta posizione del ranking Atp, ovvero la graduatoria stilata dall’Associazione mondiale del tennis. Eguagliando Panatta, ma in età ancor più giovane, visto che il tennista romano ci riuscì, proprio nel 1976, a 26 anni.
Sinner, di anni, ne ha 22 (è nato a San Candido, in provincia di Bolzano, il 16 agosto 2001) e sicuramente ha lasciato la sua impronta, non solo nella settimana spagnola.
Nella marcia di avvicinamento all’insalatiera vanno infatti citati due passaggi. Il primo: raggruppamento di qualificazione a Bologna. Sinner, in non ottimali condizioni fisiche, decide di declinare la convocazione. A conquistare il pass per le finali, così, sono i suoi compagni. Il resto ce l’ha messo lui sul campo di Malaga.
Seconda istantanea, ancor più fresca: le Finals Atp di Torino dal 12 al 19 novembre. Poche volte i tennisti azzurri si erano qualificati al torneo che, al di là della classifica Atp, assegna il titolo di migliore dell’anno. Guarda caso, due erano stati proprio Panatta e Barazzutti, peraltro eliminati subito, senza ottenere un successo. Poi, dopo 41 anni, nel 2019, era toccato a Matteo Berrettini, il primo a portare a casa una vittoria, non sufficiente peraltro a passare il turno.
Il quarto e ultimo è stato proprio Sinner, esordendo nel 2021 in sostituzione dello stesso Berrettini, infortunato. Un primo assaggio, una tappa nella crescita sportiva del tennista altoatesino, che quest’anno ha letteralmente fatto sognare i tifosi che hanno gremito il palasport piemontese. Primo posto nel gironcino con 3 vittorie, tra cui quella contro l’imbattibile Djokovic. Altro successo in semifinale, prima di arrendersi al redivivo serbo. Ma si può dire che la rincorsa alla Davis è partita proprio da qui.
La vittoria
A Malaga, l’Italia ha vinto la sua seconda Coppa Davis battendo in finale l’Australia per 2-0.
I punti decisivi della squadra capitanata da Filippo Volandri sono stati conquistati da Matteo Arnaldi, al termine di un non facile match con Popyrin, chiuso 7-5, 2-6, 6-4.
Poi Sinner, con un rotondo 6-3, 6-0 ha piegato il numero 1 australiano De Minaur, rendendo superflua la disputa del doppio, che invece era risultato determinante sia contro l’Olanda che contro la Serbia.
Prima ancora che nella partita con De Minaur, però, per gli esperti il momento-chiave per la vittoria è arrivato nel secondo singolare della semifinale.
Nella prima partita, Lorenzo Musetti aveva infatti perso contro Kecmanovic, mettendo l’Italia con le spalle al muro. Per proseguire, a quel punto, servivano infatti due vittorie. E la prima, decisamente, era la più complicata da ottenere. Perché l’incontro vedeva in campo sì Sinner, ma di fronte proprio a quel Djokovic che prima di Torino (e come visto anche nella finale di una settimana prima…) lo aveva sempre battuto.
Per di più, nel terzo e decisivo set, Jannik si è trovato a dover battere sullo 0-40. Per chi mastica poco di tennis, significa che, a Djokovic, considerato il migliore al mondo in particolare nella risposta al servizio avversario, sarebbe bastato portare a casa uno solo dei tre seguenti scambi per eliminare l’Italia e portare la sua Serbia in finale.
Serviva dunque una sorta di “miracolo sportivo”. Che Sinner ha completato, cancellando le tre palle break e proseguendo poi sull’onda dell’entusiasmo fino al punto dell’1-1, poi diventato 2-1 grazie al doppio giocato in coppia con Lorenzo Sonego. A completare la squadra azzurra, c’è anche Simone Bolelli, peraltro mai schierato, ma comunque fondamentale per cementare la squadra. Perché, come hanno sottolineato in molti, quello vincente dell’Italia è stato soprattutto un gruppo di amici. Lo conferma anche il supporto attivo, sia pur solo da tifoso, dello stesso Matteo Berrettini, infortunato ma comunque presente a Malaga a fianco dei compagni.
Sinner, il predestinato
Un’altra parola chiave, nella seconda Coppa Davis italiana, è semplicità. Quella che, pur campioni, hanno saputo mantenere tutti i tennisti azzurri.
A partire da Sinner, la cui giovane storia meriterebbe da sola un romanzo.
A partire dall’infanzia, perché, madrelingua tedesco, Jannik ha imparato a parlare bene italiano solo quando si è trasferito nel 2014 in Liguria, per fare sviluppare le proprie promettenti doti nel tennis con l’aiuto un “guru” di questo sport come Riccardo Piatti.
Figlio di due gestori di un rifugio in val Fiscalina, prima ancora che campione di tennis Sinner lo era stato di sci, iniziato a praticare a 4 anni, con poi la vittoria del 32° Gran Premio Giovanissimi nel 2009.
Alla racchetta, Jannik si avvicina a 8 anni, con la scelta definitiva di questo sport a 13 anni. Una decisione motivata, ha spiegato, dal fatto che se, nello sci, quando sbagli sei fuori, il tennis tiu dà molte più possibilità di recuperare.
Sinner, dunque, è campione di maturità, prima ancora che di sport. Ed è proprio questo a conquistare anche i suoi tanti tifosi: quei “Carota Boys” che lo seguono ovunque, con striscioni e parrucche arancioni a celebrare il colore dei suoi capelli. Un modo scherzoso di affrontare uno sport di grande concentrazione come il tennis, che ben si confà a quello che, in fondo, rimane un ragazzo di 22 anni, che nonostante il successo ancora si sente con gli amici di sempre, affrontandoli online in partite del diffuso gioco elettronico Fortnite e rispolverando con loro la natia comune lingua tedesca.
La domenica dell’orgoglio italiano nello sport
Quella del 26 novembre 2023 è stata una domenica speciale per tutto lo sport italiano, riuscendo a far passare una volta tanto in secondo piano il seguitissimo calcio, nonostante fosse in programma il “derby d’Italia” tra Juventus e Inter.
“Lo sport italiano non smette di farci emozionare”, ha scritto in un post su “X” la premier, Giorgia Meloni, per celebrare la vittoria in Coppa Davis.
Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, riceverà invece la squadra azzurra il 21 dicembre al Quirinale.
Il riferimento implicito della presidente del Consiglio va a Francesco Bagnaia, che poche ore prima, sempre in Spagna (esattamente a Valencia), aveva conquistato non solo la vittoria nella gara di MotoGP, ma anche il titolo mondiale nella classe regina del motociclismo.
Un’impresa ancor più significativa perché arrivata a bissare quella dello scorso anno. E, dal cambio delle regole, a riuscire a ripetersi per due anni di fila erano stati solo due campionissimi: Marc Marquez e prima di lui quel Valentino Rossi a cui “Pecco” dichiaratamente si ispira.
Alberto Minazzi