Nella Low Gravity Biorefinery di Marghera si studia per garantire la sopravvivenza umana nella stazione lunare permanente. Il fondamentale ruolo dei batteri rossi di Venezia
«I primi risultati? Ritengo che già per fine 2024 avremo delle risposte alle nostre ricerche avanzate».
Il cronoprogramma di Graziano Tassinato, responsabile scientifico del Green Propulsion Laboratory della veneziana Veritas, è già ben definito e il finanziamento dell’Agenzia Spaziale Italiana Asi, di 840mila euro in un triennio (2024-26) per il progetto BioMoon, è carburante prezioso per lui e tutta la squadra di ricercatori e scienziati -una quindicina di persone- che gravita attorno al GpLab di Fusina nell’entroterra di Venezia.
Ma lo sanno i veneziani che Veritas, la società multiservizi che ci ha abituati alle divise verdi fluorescenti degli operatori ecologici nella città storica o ai compattatori in molte aree della città metropolitana e oltre, sta studiando e sperimentando futuristici sistemi che contribuiranno alla sopravvivenza umana nella stazione lunare permanente?
Se ci si pensa viene quasi da sorridere: a Venezia con l’acqua alta le barche per la differenziata non passano sotto i ponti e qui sognano la Luna?
Sembra un paradosso, ma è tutto vero.
Nei laboratori “segreti” di Veritas
«Partiamo proprio dai rifiuti. Il GpLab ha vinto il bando Asi per la realizzazione di sistemi biorigenerativi per il ciclo dei rifiuti per la base lunare e per convertirli in nuove risorse».
È la Low Gravity Biorefinery che sta nascendo proprio alle porte di Venezia, capitale mondiale della sostenibilità.
I rifiuti come fattore moltiplicatore della ricerca, quindi? «Si può leggere anche in questo modo».
Tassinato quello che legge, però, sono formule che ricordano più il film Oppenheimer o lezioni di chimica: le lavagne e gli schermi dei computer in questa cittadella della scienza nata fra capannoni riconvertiti, camion che caricano e scaricano container e un perdurante “hmmmm” in bassa frequenza di impianti e fabbriche dove produzione e stoccaggi non hanno soluzione di continuità, arrivano a soluzioni e poi le sospendono perché note aggiuntive si sovrappongono a cambiare non solo l’ordine dei fattori. Fantascienza?
No, risponde il responsabile scientifico del GpLab «I piedi stanno saldamente per terra. Dobbiamo essere concreti per arrivare a risultati (e indica targhe e trofei di bandi vinti e di successi conquistati anche di recente) e per questo abbiamo partner di standing internazionale: l’Università Ca’ Foscari di Venezia e l’Università di Padova».
Il progetto BioMoon
L’ateneo lagunare partecipa attraverso il Dipartimento di Scienze Ambientali, laddove il Bò ha messo in campo il suo Dipartimento di Ingegneria industriale.
Un percorso intrapreso assieme per il progetto BioMoon che vede come capofila il gruppo Veritas spa.
Del resto in questa partita “lunare” la competizione è serrata e ci vogliono, oltre a un know-how di prim’ordine, anche spalle larghe.
Basta vedere chi con Veritas ha vinto il bando dell’Asi.
Al primo posto (85/100 il punteggio) Thales-Alenia Space, cioè il numero uno nel settore aerospaziale in Italia, Leonardo (ex Finmeccanica con il Mef che ne possiede il 30%); al secondo posto si è piazzata la Sapienza di Roma (77/100) con il progetto Beatrice; con 73,67/100 troviamo Regolife, il progetto elaborato dalla Normale di Pisa e poi c’è Veritas.
«Ora, se consideriamo il valore del punteggio raggiunto dai vari vincitori, osserviamo che con il 73,33/100 Veritas è a pochi decimali da Pisa con il suo patrimonio di eccellenza» osserva senza nascondere la soddisfazione Tassinato.
Tutto bene fino a qui. Ottimo il traguardo degli 840mila euro che finanzieranno il progetto BioMoon: ma cosa farete tra le pareti di laboratori top secret per potere magari un giorno piantare la bandierina Veritas sulla superficie lunare?
I gel, le alghe e i batteri rossi arcaici di Venezia
La risposta ci spiazza. «Saranno dei gel, anzi siamo in via di brevettazione di questi gel costituiti da tre distinti ingredienti: batteri rossi fotosintetici, batteri idrogenotrofi e alghe». Scienza oltre i confini della realtà?
Nuove frontiere della ricerca.
Biotecnologia ad altissimo livello destinata a far funzionare in autonomia la stazione lunare permanente che poi è la mission del Programma Artemis della Nasa a cui collaborano anche l’Asi e la European Space Agency (Esa).
I batteri, ma pure le alghe -spiega Tassinato- vengono intrappolati e immobilizzati in un sofisticato gel con caratteristiche che consentano di mantenere vitali le cellule e i loro enzimi, senza però consentirne la riproduzione.
Per i batteri rossi entra specificamente in gioco la laguna di Venezia poiché i suoi sedimenti sono ricchi di questi batteri cosiddetti arcaici in grado di trasformare in idrogeno (quindi fonte energetica per la stazione lunare) la frazione organica liquida.
Per gli altri due “ingredienti” l’obiettivo del progetto BioMoon, attraverso specifici processi, è per esempio la produzione di farmaci direttamente sulla luna, la depurazione ambientale e la produzione di alimenti ricchi di proteine e carboidrati per gli astronauti.
La Low Gravity Biorefinery
«L’obiettivo è la realizzazione di una piattaforma per applicazioni spaziali e terrestri nel campo energetico e ambientale, appunto la Low Gravity Biorefinery. Una bioraffineria a bassa gravità ospitata in una nuova struttura, la Microlife Space Lab Platform che accoglierà anche i prototipi del Progetto Purple B concluso con l’Esa. Con i nostri partner e soprattutto con la squadra di GpLab – aggiunge Tassinato – siamo consapevoli di lavorare e sperimentare su temi di frontiera in una prospettiva duale».
Tradotto, significa che l’approccio scientifico di questa piattaforma multidisciplinare è funzionale al continuo scambio fra l’applicazione spaziale e quella terrestre.
Non a caso il vertice di Veritas, ma anche il Comune di Venezia e il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica (i due soggetti che hanno ispirato e fortemente voluto la nascita del Green Propulsion Laboratory) attribuiscono al lavoro di questa realtà un determinante ruolo nella ricerca e nelle applicazioni finalizzate a una riconversione industriale ecosostenibile con tecnologie avanzate non solo del polo industriale di Marghera, ma anche per farne modello esportabile e utilizzabile in altri contesti. Si parla di nuovi carburanti, di cibo 4.0, di bio-idrogeno.
BioMoon tra le eccellenze della ricerca italiana
Ricerca sottofinanziata? Il tesoretto conquistato dal GpLab indubbiamente premia il lavoro e la dedizione dei soggetti coinvolti aprendo ad ulteriori percorsi di sviluppo.
Non a caso la Fondazione Venezia capitale mondiale della Sostenibilità è attenta a quanto si sta sperimentando al centro di ricerca; tuttavia, non va dimenticato quanto emerso proprio nei giorni scorsi in occasione della cerimonia per i cento anni del Cnr.
Se da un lato il premio Nobel per la Fisica, Giorgio Parisi, ha denunciato la scarsità dei fondi per la ricerca in Italia e si è domandato, visti i successi raggiunti dai nostri scienziati in queste condizioni, quali sarebbero i traguardi raggiungibili con adeguati finanziamenti, dall’altro, il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha ribadito che «Il futuro arriva tra di noi, entra in noi attraverso la ricerca che va sorretta e sviluppata». Anche quella portata avanti tra Fusina e la luna.
Agostino Buda