Dal 14 novembre al 18 febbraio il museo ospita una cinquantina di opere del grande pittore fiammingo, uno dei più grandi conoscitori di antichità romane
Peter Paul Rubens (Siegen, 1577 – Anversa, 1640) è stato uno dei pittori precursori dell’arte barocca, con la quale ha formulato una nuova concezione spaziale, del colore e delle figure.
Una rivoluzione che è partita dalla conoscenza e rielaborazione dei modelli del passato per dare vita a una nuova concezione dell’antico e dei concetti di naturale e di imitazione.
E’ ciò che mette in luce la mostra “Il tocco di Pigmalione. Rubens e la scultura a Roma”, ospitata nella Galleria Borghese fino al prossimo febbraio.
Con oltre 50 opere provenienti dai più importanti musei del mondo tra i quali, solo per citarne alcuni, il British Museum, il Louvre, il Met, la Morgan Library, la National Gallery di Londra, la National Gallery di Washington, il Prado e il Rijksmuseum di Amsterdam, l’esposizione sottolinea la novità dirompente del suo stile e come lo studio dei modelli costituisca un’ulteriore possibilità per un nuovo mondo di immagini.
Il Maestro fiammingo e la sua rivoluzione pittorica
Il progetto espositivo si inserisce nell’ambito di “Rubens! La nascita di una pittura europea” del Museo romano in collaborazione con palazzo Te e Palazzo Ducale di Mantova, dedicato ai rapporti culturali tra l’Italia e l’Europa nel XVI secolo raccontati con gli occhi del Maestro fiammingo e si inserisce in una più ampia ricerca della Galleria dedicata ai momenti in cui Roma è stata, all’inizio del seicento, una città cosmopolita. La mostra si sviluppa in un percorso suddiviso in 8 sezioni. Attraverso disegni, dipinti e bozzetti si passa dalla rielaborazione dell’antico e dei suoi modelli ai concetti di naturalismo e imitazione che hanno aperto le porte allo stile Barocco.
“Il tocco di Pigmalione. Rubens e la scultura a Roma”, a cura di Francesca Cappelletti e Lucia Simionato tiene conto non solo delle opere italiane che documentano lo studio appassionato e libero dagli esempi antichi ma anche della capacità di Rubens di rileggere esempi rinascimentali e confrontarsi con i contemporanei approfondendo aspetti e generi nuovi.
Una nuova grammatica artistica che, grazie alla collezione e ai prestiti, dialoga con Bernini come con alcuni dei grandi maestri della pittura italiana quali Caravaggio, Leonardo e Tiziano.
Rubens e il suo processo di animazione dell’antico
E’ proprio grazie allo sguardo rivoluzionario di Peter Paul Rubens che nella Roma dei primi anni del Seicento si inizia a delineare una nuova estetica dell’arte e della pittura.
L’artista era considerato dai contemporanei (l’erudito francese Claude Fabri de Peiresc e altri letterati della République de Lettres) uno dei più grandi conoscitori di antichità romane.
Nulla infatti sembra sfuggire alla sua capacità di osservazione e al desiderio di interpretare gli antichi maestri.
Rubens mette in atto il processo di vivificazione del soggetto che utilizza nel ritratto.
E nelle sue opere, quindi, si vedono le pieghe della carne e le rughe della pelle, le vene pulsanti e la muscolatura vibrante ma soprattutto gli sguardi vivi ed espressivi.
In questo modo marmi, rilievi ed esempi celebri di pittura rinascimentale escono ravvivati dal suo pennello come anche le vestigia del mondo antico.
Ne è un esempio la famosa statua dello Spinario che Rubens disegna, a sanguigna (un’ocra rossa usata per creare pastelli da disegno, particolarmente popolare nel rinascimento, nrd) e poi con carboncino rosso riprendendo la posa da due punti di vista. Così fatto, il disegno sembra eseguito da un modello vivente anziché da una statua, al punto da far immaginare ad alcuni studiosi che il pittore abbia utilizzato un ragazzo atteggiato come la scultura.
Un processo di animazione dell’antico, per quanto eseguito nel primo decennio del secolo, che sembra anticipare le mosse di artisti che nei decenni successivi al suo passaggio romano, verranno definiti barocchi. Dai paesaggi romani di Rubens e dai suoi studi sulla scultura antica ha tratto origine un nuovo linguaggio figurativo che avrebbe animato l’Europa per quasi centocinquant’anni contaminando con un percorso circolare che guardava simmetricamente al passato e al futuro tanti artisti italiani a partire da Gian Lorenzo Bernini.
Silvia Bolognini