Al congresso di Madrid, presentati i risultati degli ultimi studi. Importanti novità per il cancro alla vescica e al seno
Utilizzare un cocktail di farmaci che abbinano alle sostanze chimiche tossiche utilizzate per la chemioterapia gli anticorpi tumorali è la nuova frontiera della medicina contro il cancro, che sta già dando risultati estremamente positivi e incoraggianti sul fronte della sopravvivenza di chi è colpito da una neoplasia.
Al congresso della Società europea di oncologia medica, tenutosi a Madrid dal 20 al 24 ottobre, sono stati infatti presentate alcune ricerche che confermano la bontà di questa impostazione per la cura di alcune tipologie di tumori.
Particolarmente importante, insieme alle prospettive sul cancro al seno, lo studio quello alla vescica, per il quale, nonostante la ricerca, i tassi di sopravvivenza sono rimasti sostanzialmente invariati da 40 anni.
E si tratta di una sopravvivenza stimata di 5 anni, con recidiva che si presenta tra il 60% e il 70% dei casi.
A essere colpiti dal tumore alla vescica, nell’85% dei casi in forma superficiale e nel restante 15% più pericoloso, con un’incidenza significativa tra i 60 e i 70 anni, sono sia gli uomini che le donne, anche se i dati del 2020, gli ultimi prima del Covid, parlano di 20 mila nuovi casi tra i primi e 5 mila tra le seconde.
La cura che raddoppia il tempo di sopravvivenza
La relazione del ricercatore Thomas Powles al congresso ha ricevuto una doppia standing ovation.
La combinazione di farmaci utilizzata dal suo team nello studio sul cancro alla vescica ha infatti ottenuto di raddoppiare il tempo medio di sopravvivenza, da 16 a 31,5 mesi, in chi ha un tumore di questo tipo in forma avanzata ed è trattato con una chemioterapia convenzionale.
Il miscelamento dei farmaci non è una novità assoluta, visto che a inizio 2023, la Food and Drug Administration degli Stati Uniti ha approvato la combinazione tra i farmaci “enfortumab vedotin” e “pembrolizumab”, ma lo ha fatto sulla base di test basati sulla somministrazione a sole 120 persone.
Per arrivare ai risultati, Powles ha invece monitorato un campione, molto più significativo dal punto di vista scientifico, di oltre 880 persone.
In concreto, pembrolizumab (commercializzato come Keytruda) potenzia il sistema immunitario bloccando una proteina che lo ostacola e consentendo così all’organismo di attaccare più efficacemente il tumore. L’anticorpo enfortumab vedotin (o Padcev) prende di mira selettivamente la proteina “nectina-4”, espressa a livelli più elevati in alcuni tipi di cellule tumorali rispetto alle cellule sane.
I trattamenti anticorpo-farmaco e la cura dei tumori
Lo sviluppo dei trattamenti coniugati anticorpo-farmaco, o Adc, punta a creare una forma più sicura di chemioterapia attraverso l’impiego di una classe di farmaci completamente nuova. Tra i rischi correlati, attualmente resta la possibilità di danneggiare nervi e polmoni, per cui si mira a sviluppare Adc sempre meno tossici, insieme allo studio delle possibili combinazioni di farmaci il cui utilizzo risulti sicuro.
Intanto, allo stesso congresso, sono stati presentati ulteriori studi che suggeriscono la possibilità di estendere l’uso degli Adc anche alla cura del cancro al seno.
Il “datopotamab deruxtecan”, per esempio, ha rallentato la crescita del tumore, allungando di 2 mesi rispetto alla chemioterapia convenzionale il periodo prima della ripresa dell’espansione del tumore. E il “trastuzumab deruxtecan” ha migliorato la sopravvivenza dei malati di cancro al seno a livello avanzato.
Alberto Minazzi