Una sentenza condanna una storica “usanza” delle comunità montane e rivendica la parità dei diritti tra uomini e donne
L’Italia è bella perché è varia. Ed è pure sorprendente.
Perché ci sono luoghi in cui, nonostante siamo nel 2023 avanzato, continuano a valere le Regole di un tempo che fu.
Che ci riporta addirittura al 1200, quando nelle zone di montagna la gestione di pascoli e boschi era governata da precise norme per far sì che nulla andasse allo “straniero”.
Per questo motivo, le donne, a meno che non avessero sposato un regoliere del posto o non fossero nubili, non potevano ereditare terreni.
Il pericolo dello straniero
Se avessero sposato uno straniero, prendendo il cognome del marito, non riconosceremmo i nomi delle famiglie storiche che ancor oggi gestiscono l’80% delle proprietà dei territori indivisibili montani.
Se tutto sommato non sorprende che un tempo le cose funzionassero così, risulta quanto meno strano che possano funzionare ancora ai nostri tempi.
Il ribaltamento della Regola
La questione ha tirato in ballo niente di meno che il Tribunale e la Corte d’Appello di Venezia che in merito si è espressa ribaltando quello che ai duri e puri tra i regolieri (esistono ancora fisicamente, si riuniscono e deliberano, anche se in alcune comunità hanno di recente aperto anche alle donne) sembrava dover restare un diritto acquisito.
Nella sentenza che ha interessato la “Regola di Casamazzagno, nel Comelico, i giudici di secondo grado hanno infatti sottolineato che anche queste antiche istituzioni “devono tener conto dell’evoluzione dei modelli familiari e sociali e rispettare il principio costituzionale di uguaglianza femminile e maschile”.
Nelle antiche Regole, diritti negati alle donne
Un monito che vale anche per tutte le altre comunità montane o meno tra Veneto (dove una Regola c’è anche a Cortina D’Ampezzo),Trentino Alto Adige e altre regioni d’Italia.
Che queste ancora seguano le antiche norme dettate dalle Regole (in Veneto), dalle Consorterie valdostane (Val d’Aosta), dalle Comunanze, Interessenze, Vicinie (Trentino Alto Adige), dalle Società di antichi originari (Lombardia) o dalle Partecipanze (Emilia Romagna) in relazione al divieto di eredità per le donne, sottolinea la sentenza della Corte d’Appello di Venezia, rappresenta una violazione non solo della sentenza della Corte di Cassazione del 2015 e del Codice civile ma dello stesso diritto costituzionale perché non riconosce la parità di genere tra uomo e donna.
Le Regole e le famiglie storiche delle comunità montane
Insomma, un altro gender gap che impatta sulla vita delle donne e che ora dovrà esser superato. Niente più passaggi di consegna delle proprietà terriere esclusivamente tra padri e figli, dunque.
Le comunità centenarie sopravviveranno ugualmente.
Le famiglie storiche delle comunità montane del Comelico sono tutt’oggi un centinaio e gestiscono l’80% dei boschi e dei pascoli dei territori in cui vivono.
Il più antico documento statutario che testimonia la creazione di una “Regola” risale al 1200 e riguarda proprio il Comelico con l’istituzione della “Regola di Candide”.
Rappresenta un’autoregolamentazione della gestione delle proprietà collettive indivisibili dei beni ambientali e definisce l’organizzazione interna dei membri dell’ente mettendone a capo il “marigo” e definendo il ruolo dei “regolieri”, stabilendo i diritti dei capifamiglia in relazione al legname da utilizzare per il riscaldamento e al sussidio in denaro (fabbisogno) per gli interventi necessari alle varie abitazioni.
Consuelo Terrin