Il preoccupante dato emerge da una ricerca pubblicata su Lab Parlamento relativa all’ultimo decennio. L’efficacia della risposta veneta al problema dei suicidi col servizio “InOltre”
Gli insegnanti lavorano solo mezza giornata, sono a casa tutti i weekend e le feste comandate, hanno 3 mesi di ferie all’anno e possono andare in pensione prima di altri lavoratori. Non è un luogo comune, ma un dato di fatto. Eppure, dietro a questo regime di favore, ci sono motivazioni concrete, visto che la letteratura scientifica ha ormai acclarato che si tratta di una professione usurante dal punto di vista psicofisico.
L’insegnamento può dunque essere causa di gravi conseguenze. Lo confermano i risultati di una ricerca pubblicata da Lab Parlamento: tra il 2014 e il 2023, in Italia, si sono tolti la vita almeno 100 insegnanti, in media 10 all’anno.
Cifre che non comprendono i tentati suicidi e riguardo alle quali gli stessi ricercatori ammettono possibili sottostime.
La stessa Istat ricorda che spesso le famiglie del defunto scelgono infatti di non rendere pubblica la natura del gesto estremo.
I suicidi degli insegnanti: una piaga non solo italiana
I dati del nuovo studio confermano quanto già emerso nel 2005 in Francia e nel 2009 nel Regno Unito (che ha ripetuto la valutazione anche nel 2012).
Cioè che i docenti sono la categoria professionale maggiormente esposta al rischio di suicidio, indipendentemente dal sistema scolastico adottato dai diversi Paesi. Giustificando le richieste di maggiori garanzie sui posti di lavoro avanzate dai docenti, che hanno trovato recentemente risposte per esempio nel Paese transalpino.
Anche la Corea del Sud ha recentemente effettuato un’analisi del fenomeno. Lo studio ha evidenziato che tra il 2018 e giugno 2022 nel Paese asiatico si sono suicidati 100 insegnanti.
Da un sondaggio realizzato ad agosto in collaborazione con il Green Hospital di Seul, 1 insegnante coreano su 6 sperimenta pensieri suicidi, in particolare se donna (40,1% contro il 28,9% degli uomini). Dati in linea, fa notare Lab Parlamento, con i pochi studi italiani (come quelli di Milano, Torino e Verona) a disposizione sulle diagnosi di verifica delle inidoneità all’insegnamento, che su scala provinciale (Milano, Torino, Verona) mostrano come, tra i docenti, le diagnosi psichiatriche siano la stragrande maggioranza e in vertiginoso aumento.
Non esistendo però in Italia dati ufficiali sui suicidi stratificati per professione, lo studio pubblicato da Lab Parlamento si è basato su ricerche effettuate in rete sugli articoli di cronaca dei quotidiani nazionali e locali, partendo da alcune parole chiave e raccogliendo così dati specifici come il luogo di residenza, il genere, l’età, la fase di attività o quiescenza dell’insegnante, il livello di insegnamento (scuola dell’infanzia, primaria, superiore) e la modalità di attuazione del suicidio.
I docenti si suicidano maggiormente al Sud
Dalle statistiche italiane sul decennio preso in considerazione sono emerse così alcune evidenze e particolarità.
Dei 100 suicidi, la maggioranza assoluta, il 58%, si è verificata al Sud e nelle Isole, altri 23 al Nord e 19 al Centro.
Nonostante il corpo docente sia composto per l’83% da donne, la differenza di genere è risultata poi molto meno marcata, con 58 suicide e 42 suicidi.
Un dato che si spiega anche con quello generale, secondo cui l’uomo si suicida 4 volte più della donna (che però tenta il suicidio 4 volte più dell’uomo e tende a farlo soprattutto prima di andare in pensione). La decisione estrema viene del resto presa nell’84% dei casi da insegnanti ancora in attività, con un’età media di 48 anni (si sale a 51 comprendendo il 16% di docenti pensionati suicidi), a fronte dei 50,4 medi della categoria.
Erano soprattutto docenti di scuole superiori di secondo grado (34%) quelli che hanno scelto di togliersi la vita, con un 29% delle primarie, un 25% delle superiori di primo grado e un 12% della scuola dell’infanzia. La variabilità annua è tra 5 e 11 suicidi, con un inspiegabile picco anomalo nel 2017, che ha registrato circa un quarto totale degli eventi dei 10 anni.
C’è infine una notevole differenza di genere nelle modalità con cui il suicidio viene messo in pratica. A gettarsi dalla finestra sono soprattutto le donne (40 casi contro 2), mentre i maschi (25 contro 1 solo caso femminile) scelgono l’impiccagione o il soffocamento.
A spararsi sono solo uomini (8), mentre l’avvelenamento da farmaci è prerogativa esclusivamente femminile (6 casi).
Sono 8 (7 donne e un uomo) gli insegnanti che si sono annegati, 4 (solo donne) quelli che si sono buttati sotto un treno, rispettivamente 3 e 2 (tutti maschi) quelli che hanno utilizzato un’arma bianca o si sono dati fuoco. In 2 casi, infine, il “kit per il suicidio” è stato acquistato su internet.
Il numero verde anti-suicidi e il servizio “inOltre” del Veneto
Sulla problematica dei suicidi in generale (non rivolta quindi solo agli insegnanti), un esempio di “buona pratica” arriva dal Veneto, che nel 2012 ha attivato il progetto del servizio “inOltre”. “Un punto di ascolto gratuito per affiancare e accompagnare le persone che stanno attraversando profondi cambiamenti legati a situazioni di crisi. Un servizio H24, per tutti i bisogni psicologici della comunità”, lo ha definito il presidente della Regione, Luca Zaia, in occasione della presentazione del libro realizzato per i 10 anni del servizio.
Istituito a scopo preventivo dopo il boom di suicidi registrato tra gli imprenditori in occasione della crisi economica, il servizio ha via via allargato il raggio d’azione, risultando fondamentale per esempio per le famiglie in difficoltà a causa del crack delle banche venete del 2016 o per i cittadini angosciati dal Covid.
Sono circa 15 mila le persone che hanno potuto usufruire nel decennio di assistenza psicologica. E 1.066 gli utenti presi in carico con percorsi dedicati.
Psicologi e operatori hanno incontrato spesso fisicamente i cittadini in difficoltà, dopo essere stati contattati al numero verde per la prevenzione dei suicidi 800-334343.
“Sono emerse storie molto diverse tra loro accomunate da un fattore: il bisogno di “un pronto soccorso psicologico”, riprende Zaia, che poi si è rivolto in particolare ai ragazzi: “Se state vivendo un periodo difficile che vi sembra impossibile superare, sappiate che 10 psicologi saranno a disposizione 7 giorni su 7, nella massima riservatezza. Vi ascolteranno, vi aiuteranno e vi faranno capire che dopo la pioggia viene sempre il sereno”.
Alberto Minazzi