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Chioggia guarda all'Europa. Con le carote

Chioggia guarda all'Europa. Con le carote

Oltre 15 mila tonnellate di prodotto finiscono sui mercati continentali. Anche grazie al nuovo format adottato nella realtà veneziana, che punta sui patti di filiera anche tra Nord e Sud

Non ci sono più solo il pesce o il classico radicchio Igp, tra i prodotti di punta provenienti da Chioggia.
Ogni anno, sottolinea Confagricoltura, sono infatti ben 15 mila le tonnellate di carote chioggiotte che vengono distribuite sui mercati di tutta Europa.
Un risultato a cui la realtà produttiva veneziana è arrivata anche grazie alla risposta pensata per vincere la crisi e affrontare al meglio la sfida dei mercati internazionali.
Ovvero quella di mettere insieme produttori e azienda di trasformazione e commercializzazione del prodotto.

chioggia

“Quest’estate – commenta Nazzareno Augusti, segretario di Confagricoltura Venezia – si è conclusa positivamente per il settore delle orticole, senza i danni da salinità che la risalita del cuneo salino aveva causato lo scorso anno. Ma la complessità della crisi rende necessario mettere concretamente “in campo” strategie sempre più efficaci per sostenere i nostri prodotti sui mercati, creando redditività per gli agricoltori”. Da Chioggia, così, è stato lanciato e proposto anche a livello nazionale un modello, basato sui patti di filiera, in cui si mettono insieme anche le produzioni di Nord e Sud del Paese (nello specifico siciliane) per potersi presentare più solidi nei confronti dei competitors esteri.

“Abbiamo imparato a valorizzare e indirizzare a ciascun specifico acquirente – spiega Roberto Pavan, amministratore delegato di Pef, azienda chioggiotta che commercializza le carote della filiera italiana, rappresentandole sul mercato europeo – ogni tipologia di quest’ortaggio secondo le diverse caratteristiche organolettiche e le differenti forme”.

Chioggia
Roberto Pavan

E così le carote nate difformi o spezzate dalla fase di raccolta possono essere trasformate poi dalle industrie agroalimentari. Oppure si semina una varietà di carota senza il torsolo interno, utilizzata poi dall’industria per la realizzazione di succhi.

“È evidente – riprende Pavan – che in questo modo si riduce anche lo scarto di prodotto e di conseguenza lo spreco in un’ottica di sostenibilità economica ed ambientale”. Non va infatti dimenticato che la trasformazione del prodotto, nei vari passaggi dal produttore alla grande distribuzione o all’industria, comporta uno scarto dell’ortaggio pari a circa il 30%. “Le piogge intense tra maggio e giugno scorsi – conclude l’ad di Pef – hanno provocato inoltre una perdita del 20% del prodotto. Ma, comunque, quest’estate le carote italiane sono state esportate in tutta Europa, visto che in tutti gli altri Paesi si registrava una grave carenza del prodotto a causa delle condizioni meteo avverse”.

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Tag:  agricoltura