Gli esperti ritengono che il test rapido sia efficace anche per le nuove varianti, anche se consigliano di ripeterlo per evitare false negatività
Con la ripartenza del Covid, sono tornati di attualità anche alcuni strumenti che avevano segnato la quotidianità durante la pandemia.
In primis, le mascherine, con l’aumento di chi, specie a bordo dei mezzi pubblici, ha ripreso a coprirsi naso e bocca per evitare il rischio di contagio e i tamponi per controllare se, in presenza di sintomi compatibili, si è contratta o meno l’infezione da Sars-CoV-2.
In questo caso, essendosi evoluto in virus, che ora si sta velocemente diffondendo nelle varianti Eris e Pirola, con il dubbio sulla conferma della loro efficacia, specie per quanto riguarda i test rapidi fai da te.
In generale, gli esperti sembrano confermare che questo tipo di controllo ha ancora una sua validità ma che è consigliabile adottare alcuni accorgimenti per evitare quelle “false negatività” che parrebbero in aumento.
I test rapidi? Meglio ripeterli
Se, nonostante sintomi e sensazioni che ci facciano pensare di aver preso il Covid, il primo tampone ci comunica che siamo negativi, di fatto potrebbe non essere proprio così.
Una possibile spiegazione alla falsa negatività è legata al fatto che il test antigenico si effettua solo a livello nasale e non anche nella faringe.
Ma soprattutto può incidere il momento di effettuazione del controllo.
Le cariche virali, infatti, variano a seconda dell’evoluzione del contagio, con valori molto bassi (e quindi non in grado di rivelare la presenza del virus) nel periodo iniziale dopo il primo contatto e in quello finale dopo la massima espressione della malattia.
Dopo un risultato negativo del test, specie se i sintomi persistono, l’indicazione generale è allora quella di ripetere il tampone dopo 48 ore.
L’eventuale conferma della negatività, in questo caso, assume un elevato grado di attendibilità, con una sorta di sigillo finale, per chi lo volesse, in caso di terzo test negativo dopo altri 2 giorni.
In caso di contatto con positivi accertati, pur se in assenza di sintomi, il consiglio è invece quello di eseguire il test dopo almeno 5 giorni, ricordando che la contagiosità parte già 1 o 2 giorni prima della comparsa dai sintomi.
Tamponi e nuove varianti
I tamponi rapidi in uso, dunque, sono secondo gli esperti validi anche con le nuove varianti.
E questo perché, tra i geni dell’Rna virale rivelati dal test c’è anche la proteina “N”, che è sostanzialmente rimasta invariata a differenza di altre che, al contrario, sono mutate, portando all’emersione di varianti del virus ben diverse da quella originaria.
“Al momento non c’è un’evidenza scientifica su un’eventuale riduzione” di efficacia degli strumenti diagnostici più diffusi, dichiara il virologo Fabrizio Pregliasco.
Proprio per le oltre 33 mutazioni mai emerse in precedenza, qualche dubbio sull’efficacia del test antigenico rapido può restare aperto riguardo a Pirola.
Ma, assicura alla stessa agenzia di stampa il responsabile dell’Unità di Statistica medica ed Epidemiologia della facoltà di Medicina e chirurgia del Campus Bio-Medico di Roma, Massimo Ciccozzi, pur auspicando un approfondimento scientifico sul tema, va detto anche che al test molecolare, ancora da considerarsi esame di riferimento, “sicuramente non sfugge nessuna variante”.
Alberto Minazzi