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GRANDE È BELLO E VANTAGGIOSO

GRANDE È BELLO E VANTAGGIOSO

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Il docente universitario veneziano Alessandro Di Paolo spiega perché la Città metropolitana di Venezia è un obiettivo strategico da raggiungere

La Città metropolitana sarà una riforma conveniente, nel senso che porterà utilità per tutti. Ne è convinto Alessandro Di Paolo, economista e consulente strategico d’impresa veneziano, che continua la serie di pareri raccolta da Reyerzine sulla riorganizzazione degli enti locali dello Stato, dopo quelli del sociologo trevigiano Vittorio Filippi e del giurista patavino Mario Bertolissi pubblicati nei numeri scorsi.
Prof. Di Paolo, siamo entrati nell’anno che dovrebbe essere decisivo per l’introduzione della Città metropolitana, anche per Venezia: cosa ne pensa? «Io sono favorevole e penso che sia una riforma necessaria. Il tema, peraltro, è sul tavolo già da troppo tempo e adesso finalmente s’impone una concretizzazione. Essa rappresenta l’opportunità di rivedere e rilanciare i sistemi sociali ed economici di sostentamento e funge da strumento regolatore di aree di alta urbanizzazione, capace di ricondurle a una visione globale d’insieme e a uno sviluppo omogeneo in cui a tutte le realtà siano offerte le stesse opportunità».
Si dibatte tanto di PaTreVe, adesso che il colore politico dei sindaci dei tre capoluoghi coincide: ritiene che questo sia l’ambito di partenza o di arrivo? «Sicuramente di partenza: più saremo in grado di allargare e meglio sarà. In tutto il mondo le metropoli contano milioni di abitanti. È vero che intanto è fondamentale partire ma non possiamo assolutamente prescindere da dimensioni davvero grandi. Occorre ragionare in termini strategici: più grande è, meglio è, nella logica delle sinergie e delle economie di scala. Fermo restando, beninteso, che approcciare il tema in questo modo non significa affatto cancellare le singole identità, anzi».
I Comuni, infatti, non saranno eliminati, ma potranno essere valorizzati in un disegno unitario: crede che i tempi siano maturi per questo salto di qualità? «Non può esserci alternativa. Le differenze non devono essere motivo di divisione, ma occasione d’incontro. La Città metropolitana potrà favorire queste convergenze, offrendo utilità per la vita di tutti i giorni che altri contenitori, in questi ultimi anni, non sono riusciti a garantire. Le stesse espressioni tipo Alpe Adria, Triveneto, Nordest, sono state accezioni innovative per tante ragioni, ma hanno avuto tutte origini politico-geografiche piuttosto che economico-concrete».
A suo avviso, qual è il convincimento sull’opportunità di tradurre in norme giuridiche quello stato metropolitano di fatto che per tanti versi esiste già? «Nella società civile è matura la convinzione dell’esigenza della riforma, però è ancora grande la fatica di riuscire ad interpretare che cosa significhi costruire la Città metropolitana come si deve. Mi pare che una parte dei politici non ne capisca il significato o comunque la veda come un qualcosa di là da venire che, proprio in quanto futuribile, non rientri nelle sue competenze. È uno sguardo corto che denota la mancanza di una classe dirigente in grado di suggerire una strategia».
In attesa dei necessari passaggi della politica alla quale spettano le decisioni, c’è bisogno che si lavori per sostenere la riforma “dal basso”: cosa fare? «Bisogna investire molto in una duplice direzione: l’informazione e il convincimento culturale. Il cittadino dev’essere messo nelle condizioni di poter discernere i temi e di saper scegliere con la capacità di essere attore del proprio presente e futuro. Sempre, di fronte alle riforme, la classe dirigente o almeno una parte di essa teme di essere spazzata via. Notoriamente le resistenze maggiori provengono da chi, per le sue competenze, non si sente in grado di gestire processi e sistemi complessi».
C’è qualche forza particolare che possa rivestire un ruolo di primo piano nella spinta a vincere queste contrarietà, spalancando le porte verso il traguardo? «Certamente: i giovani. Le nuove generazioni possono essere decisive in questo, anche se su di loro purtroppo aleggia sempre il rischio che il sistema impedisca i necessari spazi d’intervento. Ecco perché rimango convinto che si tratti di lavorare con grandi risorse e tanta intensità sull’aspetto informativo per riuscire a provocare, poi, effetti conseguenti in una sorta di meccanismo a cascata. Il passaparola e il coinvolgimento personale, in questo senso, sono essenziali e imprescindibili».
Prof. Di Paolo, a livello parlamentare la riforma sembra arrivata all’ultimo tornante: lei è fiducioso sul fatto che vada in porto o è meglio esser prudenti? «Sono fiducioso, ma va superata la sensazione che sia calata dall’alto. Siamo in una fase storica di governance del tutto autoreferenziale, dove s’impone la necessità di sostituire quegli amministratori che si dimostrano incapaci di fronte alle nuove sfide. La futura Città metropolitana, anche di Venezia, non può prescindere dal principio di consapevolezza e responsabilità secondo il quale bisogna prestare attenzione ai propri portatori d’interesse, per dare forza e sviluppo alla comunità territoriale».
 

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Alessandro Di Paolo

Veneziano classe 1961, si è laureato in Scienze Politiche a Padova. È docente di Economia e Gestione delle imprese nella città del Santo, dove insegna dal 1992, e professore di Geopolitica e Gestione etica degli affari allo Studium Generale Marcianum di Venezia, all’interno del Master in Gestione Etica d’Azienda. Inoltre è responsabile del Comitato Scientifico della International Ethics Conference dello stesso polo pedagogico – accademico di Punta della Salute. Svolge attività professionale di consulenza come Esperto di internazionalizzazione, di strategie e politiche per lo sviluppo e valorizzazione economica e sociale del territorio, operando con imprese e istituzioni di governo, italiane e straniere. In precedenza, ha svolto la sua attività in varie aziende e gruppi con qualifica dirigenziale e incarichi di alta direzione.

 
 
 

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