In Veneto, l’Anci richiama i Comuni al rispetto della normativa. La sentenza della Cassazione
Esplosivo, proiettili, flessibili, vernice spray per oscurare le telecamere.
È solo parte dell’armamentario che, in Veneto, è stato utilizzato durante l’estate non per effettuare delle rapine, ma contro gli autovelox.
Perché è aperta la battaglia su quelli che nascono come strumenti per la sicurezza stradale ma spesso rischiano di diventare una sorta di “bancomat” per le casse dei Comuni.
In tal senso, scende in campo anche Anci Veneto, l’associazione che raggruppa tutti i Comuni della regione, attraverso un richiamo ai sindaci, invitandoli ad attivarsi affinché sia applicata rigorosamente la normativa vigente nell’utilizzo dei rilevatori di velocità presenti sui rispettivi territori.
Il rischio ricorsi dopo la sentenza della Cassazione
Un tentativo, sicuramente, di stemperare le tensioni, a fronte del proliferare di comitati ed associazioni “no velox” che, anche in appositi gruppi whatsapp, si battono contro l’impiego di queste tecnologie. Ancor più pensando ai diversi casi di cronaca che hanno riportato episodi di dissenso andati ben oltre il limite della legalità.
Ma, al tempo stesso, un modo per prevenire quella che, dopo il pronunciamento favorevole a un automobilista arrivato dalla Cassazione, potrebbe tradursi in un’ondata di ricorsi per ottenere l’annullamento della multa comminata attraverso un uso non corretto dell’autovelox.
Cosa dice la sentenza
La Suprema Corte ha infatti accolto il ricorso contro una multa per eccesso di velocità rilevato da un autovelox non adeguatamente segnalato.
La sentenza ha quindi spiegato che “distanza” e “visibilità” sono i due requisiti da soddisfare, in modo autonomo e distinto, per rendere legittima la rilevazione dell’infrazione.
L’impianto, in particolare, deve essere adeguatamente segnalato con un cartello almeno un km prima della sua posizione.
Il Veneto e gli attacchi agli autovelox
Gli autovelox non stanno nelle corde di molti automobilisti in tutta Italia.
Ma il Veneto, con le sue 180 postazioni fisse installate, è arrivato di recente più volte alle cronache, con atti di sabotaggio per esempio a Conscio di Casale sul Sile, nel Trevigiano, dove le telecamere dell’apparecchio attivato sperimentalmente da un paio di mesi sono state oscurate con uno spray nero. Nonostante la necessità della presenza di una pattuglia di polizia nelle vicinanze per il suo funzionamento, il dispositivo aveva già portato a comminare oltre un migliaio di multe.
Esplosivo, flessibile, fiondate e proiettili
Il caso più clamoroso dell’estate, a inizio agosto, si è verificato però a Cadoneghe, nel Padovano, sulla Statale del Santo. Qui, un autovelox capace di staccare 24 mila contravvenzioni in un mese, dopo l’abbassamento del limite di velocità da 70 a 50 km/h, è stato fatto saltare con l’esplosivo, con il suo dirimpettaio preso di mira a colpi d’arma da fuoco.
Poco addietro, in luglio, quattro impianti erano stati presi di mira in Polesine (quello di Bosaro due volte), con i pali di supporto segati utilizzando il flessibile.
E non è una novità: l’autovelox “killer” (fino a 200 sanzioni al giorno) di Torri del Benaco, sul Garda, è stato in passato colpito con fiondate e risalgono addirittura al 2012 i 9 proiettili sparati su una postazione del Ponte della Libertà, a Venezia, che “vale” oltre 120 mila multe l’anno.
Tra introiti e sicurezza
Del resto, lo scorso anno gli introiti da autovelox per le casse dei Comuni del Veneto hanno sfiorato i 58 milioni di euro, con il Veronese (15,9 milioni) al primo posto, seguito da Padovano (14,7) e Veneziano (13,1). Non è un caso, allora, che siano sempre più gli enti territoriali che li richiedono.
Ma l’uso-bancomat degli autovelox non è di sicuro la finalità principale di questi impianti, che invece servono a limitare la velocità, terza causa di incidenti stradali nel 2022.
Non a caso, la Polizia di Stato settimanalmente rende pubbliche le tratte in cui sono operativi gli autovelox.
La lettera dell’Anci ai sindaci
Anci Veneto, in ogni caso, sta preparando una lettera circolare, in cui ricorda a tutti i sindaci le regole richieste per l’installazione degli autovelox.
In primis, nelle strade urbane e provinciali, la necessità di un decreto del prefetto, chiamato a valutare preventivamente, in conferenza dei servizi con il Comune e le Polizie locale e stradale, i flussi di traffico, l’incidentalità e la presenza di spazi idonei per le postazioni. La strumentazione, che deve essere omologata, va inoltre sottoposta a verifiche annuali per la corretta taratura.
Multe e ricorsi
Proprio l’inosservanza di queste norme-base sta determinando il proliferare dei ricorsi contro le multe da autovelox. Tornando al caso di Cadoneghe, è stata per esempio presentata al prefetto, dagli avvocati degli automobilisti, una richiesta di cancellare le sanzioni in autotutela, annunciando in caso contrario l’avvio di una causa. Del resto, è già boom di ricorsi ai giudici di pace: solo a Belluno, nell’ultimo anno, sono stati circa 400. Proprio il giudice di pace, a Treviso, ha accolto un ricorso dell’associazione “Altvelox” che ha portato non solo all’annullamento della sanzione, ma anche alla constatazione che l’impianto è installato in una strada che non presenta i requisiti necessari.
Alberto Minazzi