Il report dell’agenzia Agi: oltre 80 mila oggetti, dal 1960 a oggi, archiviati al tribunale di Milano
Dai comunicati delle Brigate Rosse a tubi di rame e gioielli, non manca davvero nulla.
Un possibile modo originale per raccontare la storia degli ultimi 60 anni del nostro Paese passa attraverso l’analisi dei corpi di reato. Perché, ha rivelato l’agenzia di stampa Agi in un report esclusivo, ci sono più di 80 mila reperti legati a piccole e grandi inchieste, nel solo Palazzo di Giustizia di Milano, che occupano circa 20 stanze di appositi archivi.
Certo, la sistemazione è tutt’altro che di rilievo: il museo giudiziario del tribunale meneghino si trova in sotterranei descritti dall’Agi come “polverosi, umidi, con gli arredi a dir poco cadenti, a cui si accede attraverso un corridoio oscuro e fatiscente”, che certo non ne aiutano la conservazione.
Ma ne emerge uno spaccato interessante e ricco di sorprese della nostra storia recente, fatta tanto dall’Italia delle stragi e del terrorismo, quanto dai diversi delitti comuni.
Il variegato materiale del “museo” sotterraneo
La varietà degli oggetti, che giacciono in gran parte imballati, è davvero ricca.
Dai quasi scontati (visto che si parla di crimini) armi e proiettili ai documenti di proclami e rivendicazioni, insieme alle macchine per scrivere con cui sono stati redatti. E poi biciclette o un quadro di Mussolini con le bandiere del Movimento Sociale, scatole, valigie, borse. Ma anche animali impagliati e decespugliatori, tanto per citare alcuni reperti particolarmente curiosi.
La gran parte del materiale è di natura cartacea anche se proprio i faldoni impilati sono quelli che risentono maggiormente del passare del tempo, risultando in molti casi stropicciati e a volte anche erosi.
Non mancano anche oggetti sequestrati a suicidi, nell’ipotesi di un omicidio, ma poi dimenticati.
I reperti degli anni di piombo nell’archivio milanese
In oltre mezzo secolo, le vicende giudiziarie che hanno riguardato i reati commessi nel nostro Paese hanno senza dubbio segnato la storia. E una pagina incancellabile sono certamente i cosiddetti “anni di piombo”, dai Sessanta agli Ottanta dello scorso secolo.
Il report non poteva quindi non soffermarsi nell’area dell’archivio dedicata ai “Reperti conservati nell’ambito del terrorismo (Br etc)”. A segnalarla, una semplice scritta a penna. Così come le spiegazioni sul materiale sono affidate a etichette scritte a macchina attaccate con lo spago ai contenitori.
Ecco allora una “cartuccia cal. 357 marca magnum R.P.”, una “violazione di domiciliari con scritte di minaccia a firma Brigate Comuniste”, un “volantino attribuentesi la paternità dell’episodio a Brigate Comuniste”. Non mancano la tipica macchina per ciclostile degli anni Settanta “sequestrata a Baranzate nel giugno del 1975”, una targa di auto, le cartucce inviate per posta come minacce dalle Br, la molotov inesplosa per un attentato alla sede Dc di Corsico nel giugno 1978 e i proiettili estratti dal corpo del medico di San Vittore, Mario Marchetti, vittima di un attentato nello stesso anno.
Ancora, le carte sequestrate nell’ambito dell’ inchiesta per la strage di piazza della Loggia, così come un “coltello di 19 centimetri, di cui 8 di lama e 10 di manico” o il nastro video di un’intervista del Tg2 a Renato Vallanzasca.
L’archivio e il destino dei corpi di reato
L’archivio milanese, sottolinea il report dell’Agi, “per molti anni è stato trascurato, solo dopo un’ispezione ministeriale di un paio di anni fa è cominciato un lavoro che si preannuncia assai lungo per completare l’inventario e la digitalizzazione”. Anche perché sono solo 7 gli addetti, di cui 3 assunti negli ultimi mesi grazie ai fondi del Pnrr, assegnati all’Ufficio archivi del tribunale di Milano.
Reperti all’asta: ricavati 2,4 milioni di euro
Esclusi a priori gli oggetti sacri, va infine detto che parte del materiale viene venduto, anche se con ritmi lentissimi, visti i tempi della giustizia. Questo posiziona fuori dal mercato, per esempio, il materiale informatico che risulta oggi troppo lento per i progressi fatti registrare nel frattempo dalla tecnologia. Ma ci sono beni che non perdono valore: da una recente asta, rivela uno degli impiegati, sono stati ricavati 2,4 milioni di euro per preziosi sequestrati in un’indagine di circa 30 anni fa.
Alberto Minazzi