9 marzo 2021. Esattamente un anno fa, iniziava l’incubo. E gli italiani imparavano a conoscere una nuova parola: lockdown.
Mentre dalla Cina continuavano ad arrivavare le immagini delle persone rinchiuse in casa, a Vo, in Veneto, si facevano i primi tamponi.
Da alcuni giorni era stata delimitata la prima area rossa della nazione e i medici del Dipartimento di Medicina Molecolare dell’Università di Padova intraprendevano il primo studio al mondo che andava a comparare le fasi di pre e post malattia grazie alla raccolta dei primi campioni per individuare informazioni allora inedite sul coronavirus: il tasso di trasmissione e quello di mortalità, il tempo di raddoppiamento delle infezioni e la durata.
Il presidente della regione Veneto Luca Zaia iniziava la prima della lunga serie di conferenze nella sala stampa allestita all’Unità di Crisi nella sede regionale della Protezione Civile, a Marghera, e l’Italia imparava a conoscere anche il piccolo comune di Vo e il professore Andrea Crisanti.
Il mondo intero era in allarme e nonostante in Europa ancora non si fossero verificati casi di contagio, in Veneto erano stati attivati già da fine febbraio i protocolli previsti per Sars ed Ebola.
Meccanismi di prevenzione studiati di concerto con le istituzioni sanitarie territoriali, procedure di isolamento e di accertamento della presenza del virus in caso di sospetto contagio.
La drammatica conferenza stampa di Conte e l’annuncio del lockdown
Ma quel 9 marzo l’incubo si diffondeva in tutto il Paese.
Dopo la drammatica conferenza stampa durante la quale l’allora presidente del consiglio Giuseppe Conte annunciava che dal 1o marzo sarebbero iniziate due settimane di lockdown, per la prima volta, per strada, si respirò la concretezza di un pericolo che valeva per tutti.
Poi la tristezza delle prime immagini delle città fantasma, deserte e i primi tentativi di farsi forza degli italiani, con lenzuola colorate sui balconi con la scritta “Andrà tutto bene“, i canti, l’inno nazionale suonato sulle terrazze e gli applausi alle finestre che hanno fatto il giro del mondo.
Emozioni che ognuno di noi porta nel cuore. Una ferita ancora aperta per molti, soprattutto per quanti hanno vissuto l’intero periodo del lockdown in solitudine e in attesa di quei brevi momenti di condivisione che li hanno aiutati ad affrontare una doppia difficoltà.
La morte senza i propri cari accanto
Ci siamo sentiti tutti più uniti e, in questo modo, anche più forti.
Ma negli ospizi e negli ospedali i nostri nonni e genitori morivano soli, intubati e abbandonati a loro stessi.
Una tragedia nella tragedia.
Da Bergamo giungevano le immagini di innumerevoli bare trasportate di notte dai camion dell’esercito e non c’era più voglia di cantare e di farsi forza.
Il lockdown che doveva durare due settimane si è protratto per ben due mesi e il 5 maggio la prima uscita è stata vissuta come una liberazione.
Nuove restrizioni in arrivo: sarà ancora lockdown?
9 marzo 2021. L’incubo non è finito. Dopo una tregua estiva e un rallentamento autunnale, con l’inverno il coronavirus ha di nuovo avuto la meglio.
L’8 marzo 2021 ha superato i 100 mila morti per Covid da inizio pandemia.
Proprio oggi (9 marzo ndr), in allerta per l’andamento della curva dei contagi in salita e l’aumento del carico sulle terapie intensive, il governo ha previso una riunione di aggiornamento con un rappresentante per ogni forza di maggioranza per decidere eventuali nuove misure.
Le ipotesi sono varie: si va dalla zona rossa rafforzata per tutto il Paese alla zona rossa nei giorni festivi e arancione nei feriali, con coprifuoco anticipato alle 19.00, fino a dei lockdown locali.
Si vedrà. Il Comitato tecnico scientifico ha però lanciato l’allarme evidenziando una “grande preoccupazione per l’evoluzione della pandemia” e richiedendo “l’innalzamento delle misure su tutto il territorio nazionale”.
La stretta sarebbe necessaria anche per avvantaggiare la campagna vaccinale in atto.
I tristi dati di un anno di pandemia
I dati Istat tirano intanto le somme, evidenziando, tra marzo e dicembre 2020, 108.178 decessi in più rispetto alla media dello stesso periodo degli anni 2015-2019.
Un eccesso che si è confermato nel primi mesi del 2021 e che, con il sopraggiungere delle varianti, soprattutto di quelle inglese e brasiliana, non ha mai fatto scendere la media giornaliera delle morti sotto le 200 unità. A pagare maggiormente è stata la regione Lombardia, seguita da Emilia Romagna e Veneto.
In Europa è andata peggio solo nel Regno Unito, dove i decessi per coronavirus sono stati in quest’anno di pandemia oltre 124 mila. La vaccinazione di massa ha però abbassato lì negli ultimi due mesi il tasso di mortalità da 18 a 2,5 ogni milione di abitanti.
Consuelo Terrin