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20 febbraio 2020: 5 anni fa, la pandemia mise in ginocchio il mondo

20 febbraio 2020: 5 anni fa, la pandemia mise in ginocchio il mondo

Da Codogno alla chiusura delle scuole, dalla paura collettiva al lockdown globale, il Covid-19 ha segnato una svolta epocale nelle nostre vite

Alcune immagini e notizie erano giunte dalla Cina già a gennaio e via via l’esistenza di un nuovo virus sconosciuto iniziò a imporsi alla nostra attenzione.
Ma nessuno avrebbe immaginato che quella minaccia lontana si sarebbe presto concretizzata, sconvolgendo l’Italia e il mondo intero. La vita continuava come sempre: il Festival di Sanremo si era appena concluso, Donald Trump era anche allora presidente degli Stati Uniti e il Carnevale di Venezia, una delle tradizioni più amate, con i suoi colori e la sua magia, era nel vivo dei festeggiamenti.
Finché, all’improvviso, tutto si fermò.
Il 20 febbraio 2020 l’Italia si svegliò in un mondo diverso, segnato dall’ingresso del Covid-19, una pandemia destinata a cambiare la nostra realtà, per tanti portando anche molto dolore e morte.

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Il “paziente 1” di Codogno

Il 20 febbraio  fu il giorno in cui da Codogno, nella bassa lombarda, arrivò la conferma dell’esito del tampone cui fu sottoposto il 38enne Mattia Maestri. Il paziente 1, come resterà alla storia.
Un esame confermò la sua positiva al Sars-CoV-2, il virus che era stato identificato in Cina il 10 gennaio, dopo le prime segnalazioni di un cluster di casi di polmonite dovuti a cause ignote nella città di Wuhan.
Il giovane di Codogno fu il primo caso di contagio ufficialmente riconosciuto nel nostro Paese, dopo che, il 31 gennaio, l’allora presidente del Consiglio Giuseppe Conte aveva confermato l’infezione in 2 turisti cinesi sbarcati in Italia e ricoverati da un paio di giorni all’ospedale Spallanzani di Roma.
Il 21 febbraio arrivò la comunicazione del primo decesso dovuto al Covid.
Con la morte di Adriano Trevisan, il 78enne residente a Vo’ Euganeo, deceduto nel reparto di terapia intensiva dell’ospedale di Schiavonia, nel Padovano, partì l’escalation che, alla dichiarazione di fine emergenza sanitaria per la pandemia da parte dell’Oms il 5 marzo 2023, portò l’Italia a contare, nei bollettini del Ministero della Salute, 197.563 vittime e 27.191.249 contagiati, di cui 513.845 operatori sanitari.

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L’Italia del Covid

Anche per chi non fu coinvolto direttamente nel dramma, il ricordo di quei giorni resterà però indelebile per la paura, le limitazioni, il terremoto prolungato, come non si vedeva dai tempi della Seconda guerra mondiale, che il Covid portò nella quotidianità di tutti.
Ancor prima della dichiarazione dello stato di pandemia dell’Oms, l’11 marzo 2020, già il 23 febbraio scattarono le prime “zone” rosse in 11 comuni lombardi e veneti e il 4 marzo furono chiuse le scuole di tutta Italia.
Un’escalation che portò l’estensione delle limitazioni prima alla Lombardia e, il 9 marzo, a tutta Italia che, primo tra gli Stati occidentali, entrò così in lockdown.

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Piazza San Marco Lockdown

Il mondo dietro una mascherina

Un termine nuovo che abbiamo imparato a usare e che diede inizio ai giorni delle città deserte, dei disegni arcobaleniAndrà tutto bene” appesi ai balconi delle abitazioni da cui non si poteva uscire, dei cori intonati a distanza dagli stessi terrazzini degli edifici vicini. Era l’Italia della condivisione tra persone sole, della corsa all’amuchina per disinfettarsi e alla farina per fare il pane in casa. L’Italia dei Dpcm e dei decreti, dei test fai da te, dei vaccini e del Green pass.
E, nel “mondo dietro una mascherina” (il dispositivo di protezione minima di cui presto si esaurirono le scorte, aprendo anche alla speculazione sui prezzi), le preoccupazioni non erano solo di natura sanitaria.
Già l’11 marzo i mercati finanziari globali registrarono flessioni record, con l’economia che rapidamente si trovò in ginocchio. Per la pandemia, c’è chi ha perso letteralmente tutto.
Scegliendo poi per la disperazione, in purtroppo non pochi casi, di togliersi la vita.

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L’uscita dal tunnel

Con il decreto legge “Cura Italia” da 25 miliardi di euro, il 17 marzo il Governo iniziò allora a mettere in campo una serie di pacchetti di misure di sostegno.
Il 18 marzo, milioni di italiani si ritrovarono in lacrime davanti alla tv, quando furono mandate in onda le drammatiche immagini-simbolo del Covid in Italia: centinaia di bare e una colonna di mezzi militari che trasportava verso altre città le salme delle tante vittime che i crematori di Bergamo, una delle realtà più colpite nella prima fase, non erano più in grado di gestire.
Perché allora non si intravedeva ancora la via d’uscita dal tunnel. Anzi, il 22 marzo, un nuovo Dpcm introdusse misure ancor più drastiche, chiudendo, subito dopo i parchi e le attività sportive, anche gran parte delle attività produttive e impedendo ai cittadini di spostarsi dal comune di residenza.
L’Italia, del resto, era allora il Paese con il maggior numero di contagiati al Mondo.
E il 27 marzo fu segnato il record di decessi: 969 in 24 ore.

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Da allora, fortunatamente, iniziò una sia pur lenta discesa, con il 20 aprile come primo giorno dall’inizio della pandemia in cui si registrò una diminuzione di positivi, l’annuncio da parte del premier, il 26 aprile, della riduzione delle limitazioni dal 4 maggio e una nuova fase di riaperture dal 18 maggio.
Il tutto mentre, il 16 marzo, erano iniziate le sperimentazioni dei primi vaccini.
Perché fu proprio lo sviluppo e l’approvazione (il 14 dicembre) in tempi record dei sieri la vera chiave per chiudere questa triste pagina di storia.

Alberto Minazzi

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