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Veneto: in viaggio tra le secolari tradizioni del bellunese

Veneto: in viaggio tra le secolari tradizioni del bellunese
Veneto, lago di Centro Cadore

Dalla bicicletta al latte, dagli occhiali al legno: un affascinante itinerario tra le attività storiche del territorio

A Cesiomaggiore ogni strada ha due nomi: la consueta titolazione e quello legato ai vari campioni del ciclismo, riportato in un secondo cartello posto accanto al primo.
E non è un caso se la bicicletta è diventata uno dei simboli del paese.
Insieme ad altri lavori artigianali del bellunese, rappresenta, con legno, pietra, latte e occhiali una concreta testimonianza dell’abilità delle popolazioni cadorine e la grandezza di mestieri oggi quasi scomparsi.
Ora, un itinerario culturale che unisce Cesiomaggiore a Lozzo di Cadore e coinvolge 5 poli museali, offre un affascinante viaggio tra le secolari tradizioni del territorio.

Sala internazionale del museo degli Zattieri

Cesiomaggiore, il paese della bicicletta

A Cesiomaggiore, piccolo comune della Valbelluna, tutto è iniziato nella metà del secolo scorso quando la famiglia Sanvido da Rovereto, trasferitasi in queste zone, mandò il figlio Sergio a lavorare in un’officina di biciclette.
Il ragazzo si innamorò del mestiere e nel 1950 riuscì ad aprire la sua attività di meccanico, riparatore e venditore. Era talmente bravo che, nella sua bottega, presto arrivarono appassionati dal Triveneto, dall’Austria, dalla Slovenia e dalla Svizzera in cerca di novità. Nei decenni successivi Sergio, premiato più volte come maestro artigiano, diventato anche un grande collezionista, iniziò a cercare bici in tutto il mondo poi restaurandole.
Nel 1997 ha dato vita al Museo Storico della Bicicletta dedicato al campione veneziano Toni Bevilacqua: 170 esemplari ne fanno una fra le più importanti collezioni italiane ed europee. Tra i pezzi più singolari, un celerifero francese in legno dipinto del 1791. Ma sono quelle sportive ad essere le più ammirate, come quelle legate ai campioni del ciclismo tra cui Coppi, Bartali, Saronni, Moser e Pantani.

Codissago, il paese degli zattieri

La seconda tappa del viaggio tra gli antichi mestieri del bellunese conduce a Codissago, un paesino che, fino alla metà del secolo scorso, era quasi tutto abitato dagli zattieri, i famosi costruttori e conduttori delle grandi zattere che raggiungevano la laguna di Venezia scendendo il corso del fiume Piave con il loro carico di legname, bestiame e altri prodotti della montagna.
Un mestiere la cui storia iniziò nel lontanissimo 1492, come documenta il primo statuto della corporazione.
Fu anche grazie agli zattieri bellunesi se fu costruita Venezia, perché dei 300.000 tronchi che ogni anno arrivavano dal Cadore, una parte veniva utilizzata per le fondazioni dei palazzi e l’altra veniva inviata all’Arsenale per diventare carena o ponte o albero delle navi della flotta della Serenissima. Ogni viaggio era lungo oltre cento chilometri ed erano necessarie braccia forti per governare le enormi zattere sui tratti più insidiosi del fiume. Nelle sale del Museo Etnografico degli Zattieri viene raccontato questo faticoso ma anche pericoloso mestiere che costituisce una parte importante della storia bellunese e che dal 2022 è stato riconosciuto Patrimonio Immateriale dell’Unesco.

veneto
Museo degli Zattieri: segheria alla veneziana

Castellavazzo, un “paese di pietra, la pietra di un paese”

In passato, oltre al legname le montagne bellunesi fornivano anche pietra che veniva lavorata dalla maestria degli scalpellini, “scarpelìn” o “taiapiere” in dialetto veneto.
Alcuni dei più abili risiedevano a Castellavazzo e lavoravano la dura roccia con scalpelli e mazzuoli per ricavarne oggetti d’uso quotidiano, giochi, ma anche opere d’arte, alcune delle quali apprezzate anche all’estero. L’attività estrattiva ha costituito per secoli un’importante fonte di sostentamento economico della zona, come testimonia il locale Museo della Pietra e degli Scalpellini. Questa esposizione permanente, organizzata in sei sezioni, testimonia la storia geologica bellunese, racconta di antiche tecniche di estrazione, lavorazione e trasformazione della pietra ma custodisce anche documenti, fotografie d’epoca, attrezzature e testimonianze di generazioni di scalpellini autoctoni che hanno esportato la loro opera in molte località italiane ed europee.

In punta di naso: tra gli occhiali di Pieve di Cadore

A fine ‘800 tre cadorini decisero di lasciare il loro lavoro e di aprire una fabbrica di occhiali a Rizzios, ai piedi delle Marmarole. Ebbe inizio così la storia del distretto dell’occhialeria bellunese, tuttora vanto ed eccellenza del made in Italy.
Una cultura secolare che viene raccontata nel Museo dell’Occhiale di Pieve di Cadore: dai materiali più antichi alle innovazioni più recenti, dal mestiere artigianale all’espansione industriale.

Museo dell’occhiale

Delle straordinarie collezioni fanno parte anche gli occhiali di Papa Francesco e quelli donati dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ma ci sono anche occhiali ricavati da un fanone di balena e antichi occhiali da cappello o da parrucca, occhiali orientali, preziosissimi cannocchiali veneziani in cartapesta dipinta, occhiali da vista e da sole e ancora una ricca collezione di astucci, strumenti ottici e tanti altri oggetti, di cui alcuni unici nel loro genere.

Il Latte di Lozzo di Cadore

E’ abbastanza recente la costituzione del MATeL, Museo delle Attività di Trasformazione e del Latte di Lozzo di Cadore.
Vollero istituirlo nel 1997 i soci della ex Latteria Sociale per mantenere viva la testimonianza delle attività rurali e dell’allevamento bovino, assi portanti dell’economia del paese dal 1884 al 1984.

 

Nelle sale del museo sono conservati gli antichi strumenti del casaro, vecchi documenti della latteria sociale, approfondimenti multimediali. Presente è anche un itinerario didattico che racconta l’antica arte casearia: dalla raccolta del latte alla trasformazione in formaggio (formai), burro (butiro) e ricotta (puina), fino alle tecniche di stagionatura dei latticini.

Luisa Quinto

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