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A Padova, la geografia diventa racconto: l'inedito museo

A Padova, la geografia diventa racconto: l'inedito museo
Il salone degli Specchi, sala principale del museo di Geografia a palazzo Wollemborg ©Federico Milanesi

L’esposizione, unica nel suo genere in Italia, incrocia scienza naturale e scienze umane per raccontare la storia del pianeta Terra

Calcola la tua impronta ecologica sul pianeta rispondendo a uno dei tanti questionari che si trovano online”, #MuseoGeografiaUnipd #ImprontaEcologica. È il riassunto della carta da gioco con la quale se ne potrebbe uscire dopo la visita al suddetto Museo di Geografia dell’Università di Padova.
Questo perché l’esposizione, unica nel suo genere in Italia (per il momento), non è solo la narrazione di una disciplina spesso bistrattata, ma il racconto che incrocia scienze naturale e scienze umane: la storia del pianeta Terra.

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Particolare di un globo terrestre ©Federico Milanesi

 

La carta, l’interattività del museo, non è un semplice gioco, ma un modo per ingaggiare i visitatori, coinvolgerli, trovare una strada educativa alternativa tramite l’attività ludica. È uno dei leit motiv dell’espozione, una delle colonne portanti insieme al motto che lo accompagna sin dalla scalinata di palazzo Wollemborg, dove trova spazio il museo geografico, al (primo) piano Nobile, nel salone degli Specchi e nella sala della Musica, e nelle ulteriori tre sale tematiche.
Esplora, misura, racconta”: perché non c’è Geografia senza la curiosità nello scoprire il mondo; non c’è disciplina scientifica senza misurazione; non c’è materia di studio, senza che nessuno la racconti.

La geografia, tra eternità e un pianeta che cambia

Proprio da un racconto inizia la visita al museo, riprendendo lo scambio di battute tra il Piccolo Principe – di Antoine di Saint-Exupery – e il Geografo: “Noi descriviamo fatti eterni”, dice lo scienziato al protagonista.
Ma sono realmente tali, i fatti raccontati dalla geografia?
Il museo “sfata”, questo mito, grazie al patrimonio raccolto in 150 anni di storia della disciplina nell’ateneo padovano, il primo a istituire ufficialmente una cattedra di Geografia nel 1872, data al professor Giuseppe Dalla Vedova, uno dei padri fondatori della scienza geografica. A Dalla Vedova, insieme a Luigi De Marchi, Giuseppe Morandini e Giovanni Marinelli, sono state intitolate le sale che ospitano otto globi terrestri e celesti – quelli che erroneamente definiamo “mappamondi” – 26 plastici in gesso realizzati tra Otto e Novecento, 80 atlanti, circa trecento carte murali e 25.000 cartografie, nonché la narrazione di un pianeta che cambia.

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Tre dei globi terrestri e celesti presenti nel museo di Geografia ©Federico Milanesi

La sala del Clima

Quale cambiamento può essere più pervasivo, se non quello climatico a cui stiamo assistendo, in maniera tangibile, da almeno una decina d’anni?
La sala del Clima, intitolata al primo geografo fisico chiamato in cattedra a Padova, Luigi De Marchi (tra il 1902 e il 1932), racconta attraverso quattro elementi – aria, acqua, terra e uomo – la trasformazione geografica del pianeta. Dagli strumenti di misurazione estremamente tecnici per un geografo, come l’eliofanografo, il barotermoigrografo o il termomentro al lazo, agli effetti climatici sul pianeta, come l’impatto inquinante dei diversi settori antropici sul nostro “geoide azzurro”.

 

L’impatto più eclatante è lo studio glaciologico della Marmolada, dato dal plastico che mostra come il ghiacciaio si sia ritirato dalla metà del Novecento in poi; entro il 2030 rischia di sparire completamente.
All’angolo dedicato all’uomo, invece, la parete è ricoperta da finestrelle simboliche: una volta aperte, si può scoprire quale incentivo, suggerimento o rimedio si può attuare per contrastare il climate change.

La sala delle Esplorazioni

Dalla misurazione climatica al racconto geografico, si passa dunque alla seconda stanza, la sala delle Esplorazioni.
“Non c’è un solo uomo che non sia uno scopritore. Inizia scoprendo l’amaro, il salato, il concavo, il liscio, il ruvido, i sette colori dell’arcobaleno e le venti e più lettere dell’alfabeto; continua coi volti, le mappe, gli animali e gli astri; conclude col dubbio o con le fede e con la certezza quasi totale della propria ignoranza”.
La frase di Jorge Luis Borges accoglie i visitatori nella sezione dedicato a Giuseppe Morandini, il geografo che più di tutti ha dedicato all’esplorazione la propria vita. Emblema di ciò è l’impresa del monte Sarmiento, ovvero la scalata che ha portato alla conquista di questa cima situata nella Terra del Fuoco, tra Cile e Argentina (1956); ancora inviolata all’epoca, la seconda volta è stata raggiunta solo nel 2013 (giusto per dare misura dell’eccezionalità della spedizione). Non si tratta solo di imprese eroiche, ma soprattutto di didattica sul campo, volta a raccontare i territori, la loro conformazione, la loro “vita geologica”.

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L’attrezzatura e la storia del geografo esploratore Giuseppe Morandini ©Federico Milanesi

La sala delle Metafora: la suggestione del racconto geografico

Chiude la visita alle tre aree tematiche la sala delle Metafore. Una stanza oscurata, sulle cui pareti si muove la narrazione video della storia geografica, dagli albori ai grandi geografi, che tentarono nel corso della loro vita di racchiudere le linee del mondo su mappe geografiche. L’invito della sala, eco del noto libro Le metafore della terra di Giuseppe Dematteis, è di non fermarsi all’apparente oggettività della disciplina geografica, ma di continuare a scoprire, a chiedere, a creare narrazioni geografiche che contribuiscano all’esplorazione terrestre, alla sua misurazione e al suo, conseguente, racconto.

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La sala delle Metafore ©Giovanni Donadelli

La mostra temporanea sulle regioni d’Italia

Chiude la visita al museo il già citato gioco di carte Play with it, dove gli avventori possono pescare e acquisire un suggerimento, una nozione, una curiosità geografica da applicare e divulgare nella vita di tutti i giorni.
A latere dell’esposizione permanente, il museo di Geografia ha iniziato una mostra temporanea e itinerante delle regioni d’Italia. La Sicilia ha inaugurato questa nuova avventura, grazie al materiale e alle donazioni di altre istituzioni museali, di modo da rendere possibile il racconto della Trinacria, forse una delle regione geograficamente più “antiche” del mondo (nella sua individuazione su una mappa). L’esposizione sarà, come per l’intero museo, accessibile per tutta l’estate.

La sala dei Racconti

Perché la geografia non ha smesso, e non smetterà, di raccontare la storia della Terra. “Un punto non è la somma di due coordinate, ma una danza nello spazio”, recita uno dei video della sala dei Racconti.
Un tempo, forse, si poteva pensare che una montagna, o un fiume, fossero fermi, statici e immutabili. Oggi non più.
Oggi sappiamo che ogni cosa muta, e passa: tanto gli esseri umani, quanto il mondo inorganico, intorno a noi e per causa nostra, da un secolo a questa parte. Il museo di Geografia dell’università di Padova racconta questo, e qualcosa in più: la storia della disciplina geografica, la storia del mondo da come l’abbiamo scoperto a come lo conosciamo, la storia che ci racconta, oggi, un pianeta che cambia.

Damiano Martin

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